Champagne: vino, vitigni e storia
La leggenda vuole che lo Champagne sia stato inventato da Dom Perignon, un monaco benedettino dell’abbazia di Hautvillers. In realtà il celeberrimo monaco esecrava questo vino che considerava difettoso e si è battuto per tutta la vita contro i vini mossi, anzi tutti i suoi sforzi erano tesi alla produzione di grandi Pinot Noir, vitigno presente nella regione fin dal 1400.
Ma che cos’è lo Champagne?
Oggi lo Champagne è uno spumante elegante e raffinato che nasce da una seconda rifermentazione in bottiglia, aiutato da lieviti e zucchero aggiunto, ma ai tempi di Dom Perignon si cercava di evitare la rifermentazione, semplicemente perché non c’erano i requisiti per domare il vino, le bottiglie erano troppo sottili e i tappi non erano abbastanza resistenti.
Vediamo più nello specifico il processo produttivo. Si vendemmia l’uva in anticipo, quando non è completamente matura, ma ancora ricca di acido tartarico, visto che è la freschezza che si ricerca. Poi si pigia l’uva, si fa fermentare il mosto e si passa alla seconda fase, ossia all’assemblaggio delle cuvée. Il vino viene assemblato, cioè si mescolano le varie parcelle dei vigneti per trovare il giusto equilibrio ed possibile aggiungere vini più vecchi, i cosiddetti vini base. Ogni cantina e ogni produttore scelgono di mescolare vini giovani a vini più maturi per trovare equilibrio e rendere meno bruchi i vini giovani, ma non esiste una regola: tutto è dettato dalla sensibilità e dallo stile della maison. Poi non resta che aggiungere zucchero e lieviti, che in gergo si chiamano liqueur de tirage, e il vino viene imbottigliato.
A cosa serve il liqueur de tirage
Grazie ai lieviti e allo zucchero si innesca una seconda fermentazione, chiamata rifermentazione in bottiglia: i lieviti consumano lo zucchero, trasformandolo in alcol e anidride carbonica e poi muoiono.
Quanto deve affinare sui lieviti lo Champagne?
La fase di affinamento sur lie, sui lieviti, è questa, una lenta evoluzione del vino, ma assolutamente non controllabile dall’uomo, la bottiglia è tappata e per questo l’affinamento sui lieviti è una delle fasi più importanti e delicate: il vino matura a contatto con i lieviti, che conferiscono sapori, profumi e spessore al vino. I classici profumi e sapori di pasticceria, di birra, di lievito, di pane e crema pasticcera provengono proprio da questi lieviti che hanno marchiato indelebilmente, e splendidamente, il vino. Per legge lo Champagne deve affinare per almeno 12 mesi sui lieviti.
Poi però c’è il problema del deposito, i lieviti morti renderebbero i vini torbidi, ma con la tecnica del remuage, inventata da madame Clicquot agli inizi del 1900, oggi i nostri amati Champagne sono cristallini e puri come diamanti.
Che cos’è il remuage nel ciclo produttivo dello Champagne
Il remuage è il passaggio più evocativo nella produzione dello Champagne: le bottiglie vengono messe nelle pupitres, dei semplici cavalletti, ma in francese suona tutto meglio, a testa in giù, inclinate a 45 gradi. Oggi giorno un mastro cantiniere ruota, per ben due volte, le bottiglie di mezzo giro, le ripassa tutte, in modo che i depositi nel vino, gradualmente raggiungano il tappo.
Adesso si procede con il disgorgement: il collo della bottiglia viene congelato e si stappa, facendo fuoriuscire le impurità.
Che cosa è il liqueur d’expedition
Fondamentale è la fase del rabbocco, dove viene aggiunto altro vino, il liqueur d’expedition, ossia altro zucchero e vini di riserva, sempre provenienti dalla stessa cantina e che possono anche essere vecchi di 20 anni e più. Una curiosità: in una bottiglia di Champagne il vino si trova ad una pressione di 6 atmosfere, quindi prestate attenzione quando la aprite e non puntatela contro altre persone.
Ma perché si aggiunge il liqueur d’expedition? Per dosare il vino, per plasmarlo, “addolcirlo” e trasformarlo a piacimento e creare la propria ricetta di vino perfetto. Perché le grandi maison vogliono creare bottiglie dalla qualità costante, a prescindere dalla vendemmia: lo Champagne è una sinfonia precisa e misurata, nulla è lasciato al caso. E la somma delle parti è sempre maggiore delle parti stesse. Forse sembra un dettaglio, ma il liqueur d’expedition è quello che determina la fisionomia gustativa di uno Champagne, è la parte più importante. Con questo “nettare” si correggono vini non perfetti, si amplificano i sapori, si crea lo Champagne. Non crediate che sia una pratica riparatoria: anzi è il marchio di fabbrica (francese e non solo) di molti prodotti. Pensate anche all’aceto balsamico tradizionale di Modena e Reggio, al Marsala, allo Sherry, al Madeira, al Cognac, al Calvados all’Armagnac: sono tutti prodotti miscelati che nascono da un blend di più “annate”.
Certo ci sono gli Champagne millesimati, dove vengono usati solo vini della stessa annata, ma sono casi rari e accadono solo in annate eccezionalmente favorevoli.
Esistono anche i Pas dosé che sono vini più puri, dove non vengono aggiunti zuccheri ma solo vini di riserva e molti, soprattutto i piccoli produttori, stanno puntando su Champagne più intransigenti e meno lavorati.
Chiudiamo il ciclo produttivo dicendo che in totale una bottiglia di Champagne deve affinare per almeno 15 mesi in cantina, di cui 12 sui lieviti, prima di essere messa in commercio. Se è uno Champagne Vintage deve affinare per almeno 3 anni sui lieviti.
Chi ha inventato la Champagne?
Bene, questo è a grandi linee il méthode champenoise, ma come detto non è da attribuire a Dom Perignon, anzi! Ancora una volta sono gli inglesi ad aver dato il via alla mania dello Champagne. Da avidi consumatori di vini della Champagne compravano botti intere di vino e lo trasportavano in Inghilterra, ma poi con l’arrivo delle temperature calde della primavera il vino fermentava una seconda volta e sviluppava una certa effervescenza naturale. Attenzione non pensate alle 6 atmosfere che hanno oggi, ma piuttosto ad un leggere e delicato perlage. Quindi è stata totalmente casuale la nascita di questo vino e non voluta.
Lo Champagne divenne subito un mito, il vino delle classi più abbienti e così la produzione di questo strano vino venne perfezionata e dopo una trentina d’anni vennero create delle bottiglia più robuste che potessero resistere alla pressione.
Sembra una banalità, ma la nascita di bottiglie più robuste permise ai produttori di Champagne di razionalizzare e imbottigliare il vino e quindi di aggiungere zucchero e lieviti per rendere più intensa l’effervescenza. Ma soprattutto in questo modo il vino poteva riposare in cantina sui lieviti prima di essere venduto. In questo modo la complessità del vino venne esponenzialmente esaltata.
Ma la domanda è: perché lo Champagne è un vino unico ed irripetibile?
Questione di terroir, chiaro. Le condizioni climatiche sono uniche, è solo l’influsso del mare che mitiga l’asprezza dell’inverno in questa regione dalla latitudine estrema, tanto che la Champagne è la regione vitivinicola più a nord di tutte, al limite della sopravvivenza della vite. Il freddo e l’escursione termica aiutano a sviluppare acidità e profumi nelle uve, favorendo una maturazione zuccherina lenta e costante: considerate che la temperatura media annuale è di 10 gradi centigradi.
E poi c’è il gesso, gran parte del suolo della Champagne (il 75%) è fatta di veri e propri blocchi di calcare, che in francese prende il nome di Craie. E questo suolo così particolare conferisce mineralità pazzesca, finezza e struttura alla uve, senza contare che durante il giorno riesce a catturare il calore del sole e a rilasciarlo durante la notte, fornendo un aiuto termico alle vigne.
La Marna, il fiume che taglia tutta la regione trasversalmente è un altro elemento importante e funge a regolatore termico e segna la zona più pregiata per i vigneti, tanto che tutte le città più importanti come Epernay, Ay e la stessa Hautvillers sono ad esso vicine.
Ma il gesso ha permesso anche la costruzione di cantine scavate nella roccia, ottime per preservare il vino con la giusta umidità e un temperatura bassa e costante, fondamentale per tenere la rifermentazione sotto controllo ed evitare che le bottiglie esplodessero.
Ovviamente anche l’uomo, il vignaiolo, è parte fondamentale dell’equazione: come abbiamo visto il metodo champenoise è rivoluzionario, una novità assoluta. Ma altrettanto rivoluzionarie furono le scoperte di Dom Perignon, il primo a difendere il concetto di assemblaggio delle cuvée dei vari vigneti. Aveva intuito che mescolare uve uguali, ma di vigneti diversi aiutava ad equilibrare il vino, tanto che dal semplice assaggio delle uve, componeva il vino, prima che venisse torchiato.
Come vedete lo Champagne è profondamente connaturato alla propria terra, il metodo è stato replicato con un certo successo anche in Italia e Spagna, ma solo qui caratteristiche così uniche sono state distillate in un elisir immortale.
Vitigni usati per produrre Champagne
Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay, spesso si trovano in blend con rapporti variabili, ma il Pinot Meunier è usato sempre meno, è il meno fine di tutti, ma aggiunge rotondità. Senza contare che è considerato un salvagente, visto che matura prima degli altri e non presenta grossi problemi di gestione.
Il Pinot Noir è il protagonista assoluto, il più nervoso e pungente e viene vinificato sia in bianco che rosato. Gli Champagne fatti solo con Pinot Noir sono chiamati Blanc de Noirs.
Lo Chardonnay è, all’opposto del Pinot Noir, è cremoso, caldo e con frutta secca e non finire. Se lo Champagne è prodotto con solo Chardonnay viene chiamato Blanc de Blancs.
Zona di produzione dello Champagne
La Champagne si trova a 149 chilometri a sud est di Parigi ed è un’area relativamente ristretta, con un’estensione vitata di 32000 ettari. Il cuore pulsante della regione è Epernay, poco a sud della Montagna di Reims. Le maison più famose che hanno sede qui sono: Moët & Chandon, Pol Roger, Mercier e Perrier-Jouët.
L’altra capitale è Reims, che segna il confine a nord, città storica, la più antica dove hanno sede alcune delle maison più antiche come Krug, Ruinart, Tattinger, Luis Roederer, Palmer, G.H. Mumm e Heidsieck Monopole.
La zona elettiva del Pinot Noir è ad ovest, nella Valle della Marna, mentre lo Chardonnay domina in tutta la Cotes de Blancs e anche più a sud nella Cote de Sèzanne. Altre villaggi da tenere in considerazione per la bontà dei loro vino sono Avize, Oger e Cramant.
Quanti gradi ha lo Champagne e a quale temperatura va servito?
Solitamente non ha più di 12-13 gradi alcolici, visto che si tende a produrre vini intensi, sapidi, acidi, ma mai troppo alcolici. La temperatura di servizio ideale è di 8 gradi centigradi, non tralasciate mai questo dettaglio. La bassa temperatura aumenta la percezione dell’acidità, la caratteristica principale di questo vino spumante, quindi esaltatela, senza contare che uno Champagne caldo sarebbe goffo, pachidermico e anche le stesse bollicine risulterebbero grossolane.
Quali piatti abbinare?
Struttura, bolle, acidità e sapidità, tutte caratteristiche che invitano ad abbinare cibi grassi, carni bianche, pasta con sughi elaborati, vitello tonnato, spaghetti alle vongole, tortelli di zucca alla mantovana, spaghetti di riso con gamberi e verdure, ravioli di erbette alla parmigiana, risotto al tartufo, spaghetti alla carbonara, pad thai.