Esame olfattivo del vino: come riconoscere gli aromi del vino
E dopo l’esame visivo, andiamo avanti con la guida su come analizzare il vino con una fase fondamentale: l’esame olfattivo. Il primo vero contatto fisico che abbiamo con il vino e che ci può dare informazioni più approfondite su quale possa essere il vitigno.
Perché annusiamo il vino?
Prima di tutto dobbiamo chiederci quale sia lo scopo dell’analisi olfattiva, perché è tanto importante il bouquet del vino. Per scoprire i 10000 profumi che possono celarsi in un vino? Per dire che sa di ciliegia, liquirizia e ribes e fare il fine degustatore che riesce a riconoscere la violetta di Parma raccolta a mano della Clarisse cieche di Sorrento, il boero fatto con lo sherry del 78, la ginestra del giardino botanico di Vetulonia, il pepe di Sichuan?
Se volete diventare degli imbonitori, dei wine influencer allora certo, la degustazione olfattiva dei profumi è la fase fondamentale di un evento o di un assaggio. Il momento in cui il poeta sommelier emerge e si può dare alla pazza gioia, perché quei pochi centimetri quadrati di mucosa nasale ci permettono davvero di riconoscere 10000 odori, quindi potrete scatenarvi.
Ma a parte il piacere intrinseco dello scoprire e conoscere un vino, lo scopo di questa analisi è quello di sviscerarne ogni caratteristica. Capire prima di tutto di che pasta è fatto il vino, se ha difetti, se il tappo non ha retto, se c’è spunta, se c’è riduzione, se è troppo ossidato, se è giovane o anziano, affinato in legno o in acciaio, cemento o anfora, se il legno è ben integrato nel bouquet o se è sgarbato e preponderante.
Il bouquet di un vino è lo specchio della sua anima
Dobbiamo capire se il vino è franco, se rispecchia davvero le caratteristiche organolettiche che lo contraddistinguono e dobbiamo anche cercare di riconoscere il vitigno. Questo è lo scopo dell’analisi olfattiva, non è una gara alla cieca a chi riconosce il vitigno o trova più odori nel calice. In base a quello che avete appurato con l’esame visivo dovreste trovare un riscontro nell’esame olfattivo, dovrebbero esserci concordanza tra i due esami. Se un vino era verdolino dovrebbe ridare al naso profumi freschi fruttati e floreali, non troppo complessi. Se un vino era giallo paglierino carico dovrebbe avere profumi intensi di frutta gialla e magari fiori come ginestra o burro se ha fatto legno. Se un vino era denso e ambrato dovrebbe sprigionare profumi evoluti di frutta secca, spezie, marmellata, uva sultanina. Ma andiamo al sodo!
Come fare l’esame olfattivo del vino
Appena stappata la bottiglia annusate il tappo, se odora di tappo e non di vino, avrà con ogni probabilità rovinato il vino. Versate un goccio di vino nel calice e annusatelo subito, senza agitarlo per capire se ci sono difetti. Il calice va afferrato per la base, in modo che la mano sia lontana e non riscaldi il vino o possa ingannare il naso con odori alieni, tipo sapone per le mani.
Se il vino non presenta imperfezioni, fate roteare il calice per ossigenarlo per qualche secondo.
Annusate e fatevi una prima idea: i profumi sono intensi o flebili? Maturi o freschi o acerbi? Quali sono i principali profumi che riconoscete nel fruttato e nel floreale? Ci sono profumi erbacei? Si percepisce il legno? Come è il legno: ben integrato o scontroso, ha bisogno di tempo per ossigenarsi o è ancora troppo presto per questo vino? Ci sono profumi tipici di un vitigno aromatico? O di una particolare zona? Dopo stileremo una lista di profumi tipici per vitigno e zone di produzione, quindi non preoccupatevi ed andiamo avanti.
Dopo una prima annusata profonda non esagerate, non annusate troppo a lungo, meglio inspirazioni profonde intervallate: il naso si assuefa’ ai profumi e perde lucidità, quindi staccatevi dal bicchiere e respirate. Dopo un minuto annusate e andate in profondità, alternando prima una narice e poi l’altra. Dopo un minuto prendete una pausa e così via. Non indugiate troppo sul calice, altrimenti il naso si addormenterà.
Dopo un primo giudizio, mettete su carta i vostri pensieri
Prendete un foglio e scrivete: quanto è credibile questo bouquet? Quanto è fine? Quanto piacevole? Quanto è persistente e complesso? Quanto è vario e stimolante? Ma soprattutto quanto è in sintonia con la tipologia di vino a cui appartiene? Questi sono i parametri fondamentali per capire se un vino è meritevole oppure no, non riconoscere 158 profumi di spezie indiane.
Abbiamo parlato di complessità, ma ogni vino va valutato per quello che è e non va paragonato ad altri vini di caratura diversa. Se degustate un Barolo deve essere austero, elegante, complesso e avvolgente: è nella sua natura, deve sfidare i decenni. Ma se al contrario state giudicando un Nebbiolo d’annata da bere subito, non deve essere complesso o immaginifico, ma rigoroso e piacevole, gustoso, dotato di bevibilità e piacevolezza a non finire. Questo è per dire che non esiste un vino assoluto e non tutti i vini devono essere giudicati con gli stessi parametri. Ne abbiamo parlato in un altro approfondimento su come organizzare anticipatamente una degustazione per non incappare in errori che renderebbero tutto questo lavoro inutile.
Bene, abbiamo finito, l’esame olfattivo non deve durare ore, ma se state degustando un vino complesso, magari anche un vino naturale o un vino vecchio, dategli tempo. Assaggiatelo anche dopo un’ora, due ore e cinque ore e prendete nota sui cambiamenti, sempre che ce ne siano.
Attenzione ai vini molto anziani, assaggiate subito e teneteli per mano, il repentino contatto con l’ossigeno tende a stroncarli dopo un paio di ore. Quindi stategli vicino nei sui ultimi istanti di vita.
Quali sono gli aromi del vino e come riconoscerli? Profumi primari, secondari e terziari: ecco cosa sono
Partiamo con i profumi primari, ossia quelli intrinsechi di un vitigno, quelli tipici dell’uva in questione. Ci sono vitigni che vantano aromi marcati e facilmente riconoscibili: il Moscato profuma di pesca e salvia, il Gewurztraminer di frutta tropicale, il Brachetto di rosa, la Schiava di geranio: se volete fare una prova assaggiate un chicco di queste uve e riconoscerete questi sapori.
Quando l’uva viene pigiata e diventa mosto inizia a sprigionare profumi secondari, ossia quelli dovuti alla fermentazione e al rilascio di sostanze presenti non solo nella bucce, ma anche nella polpa. Sono aromi affilati, freschi, non maturi, i più tipici del vino, ossia quelli fruttati, floreali, erbacei, minerali, di erba aromatiche, vegetali, (poco) speziati e animali, i principali che andranno a caratterizzare il bouquet e che non sono altro che la manifestazione di molecole, di alcoli superiori, aldeidi e altre sostanze chimiche che rilasciano un dato aroma. La lista è lunghissima e tediosa, ve ne citiamo solo alcuni per dovere di cronaca. L’aroma di liquirizia è dato dalla glicirizzina, quello di banana dall’acetato di isoamile e così via.
Ma perché ci interessa una catalogazione così triviale degli aromi del vino? Perché se sentite questi profumi così giovanili in un vino, l’esame visivo dovrebbe ridarvi un colore porpora per i rossi e verdolino o giallo scarico per un vino bianco e confermare la vostra tesi iniziale. Noi li abbiamo divisi, ma in realtà sono due analisi che avvengono contemporaneamente e sono intrecciate e dipendenti una dell’altra.
Un altro profumo secondario è quello di latte e formaggio, dato dalla fermentazione malolattica che trasforma acido malico in acido lattico e che avviene in un secondo momento, come seconda fermentazione.
Profumi terziari: il fascino dei vini invecchiati
Profumi terziari: il Sacro Graal degli appassionati è pieno di profumi terziari: sono l’apoteosi di chi ricerca suggestioni eleganti e intriganti. I profumi primari e terziari maturano, si arrotondano, si ossidano espandendo il volume aromatico del vino. La frutta diventa marmellata, matura, sotto spirito e secca, i fiori si appassiscono diventando più intensi come un pot-pourri, le spezie emergono, le erbe assumono una sfumatura più medicinale.
Attenzione però, profumi terziari sono spesso anche i profumi speziati, tuttavia alcuni vitigni come Syrah, Gewurztraminer e Cabernet Sauvignon sono vegetali, pepati e speziati di natura e quindi per questi vitigni così aromatici sono in realtà profumi primari. Certo è che un passaggio in legno aiuta a sviluppare queste caratteristiche.
Diverso è il discorso quando le spezie, la tostatura, la vaniglia e il burro provengono interamente dal legno, come nel caso di alcuni Chardonnay che fanno lungo affinamento in barrique.
Abbiamo i profumi balsamici di resina, macchia mediterranea, pino, incenso ed eucalipto che troviamo in alcuni vini che hanno fatto macerazione o che sono nati vicino al mare come il Pinot Grigio o il Frappato di Sicilia.
Anche gli aromi eterei sono terziari: ci sono alcuni vini, che hanno fatto un lungo percorso di affinamento, come i vini di Porto, gli Sherry, Baroli e i passiti più nobili che rilasciano una miriade di profumi eterei di lacca, di smalto, di sapone, ceralacca e iodio che spesso sono al limite dell’aceto, ma che quando sono al loro apice offrono emozioni uniche.
E poi stavamo dimenticando del profumo dei lieviti di Champagne, spumanti metodo classico e rifermentati. In questo caso i lieviti assumono profumi di pane, di lievito di birra, di brioche e che ricordano la lievitazione dei prodotti da forno e rientrano ovviamente tra i profumi secondari.
Ma come fanno i profumi e il vino ad evolvere?
Grazie all’affinamento, che può essere fatto in diversi materiali, più o meno invadenti, ma anche in bottiglia. Se fatto in acciaio, cemento o anfora i profumi sono più tersi, se fatto in legno nuovo si aggiunge tostatura e burro e tabacco, se fatto in legno vecchio il vino affina senza prendere tannini e profumi dal legno.
Ma non dimentichiamo un altro fattore fondamentale, ossia l’ossigenazione del vino: la traspirazione, ossia lo scambio che ha con l’esterno. Se messo in barrique il vino subisce un’ossigenazione più intensa e matura prima, ma in maniera più prepotente ed è per questo che è un affinamento ideale per vitigni molto robusti e ricchi di estratto come Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah, Sagrantino e Chardonnay. Se messo in legno grande il contatto con l’aria è ridotto e il vino svilupperà più lentamente i profumi il tono sarà più austero e meno tendente alla marmellata.
Non pensate però che il legno sia sempre necessario, cantine mitiche come quella di Emidio Pepe ci dimostrano che anche un affinamento in cemento e poi bottiglia riescono a domare un vino intenso e roccioso come il Montepulciano d’Abruzzo. Non a caso nella loro cantina si trovano ancora bottiglie di annate molto vecchie, tra cui delle 1977 e 1968, tanto per dirne un paio che abbiamo assaggiato.
Allenare il naso è fondamentale
Ma come si impara a giudicare il vino dai profumi? La cosa più importante per chi vuole imparare a degustare il vino è costruire una memoria olfattiva, risvegliare i sensi, annusare quante più sostanze possibili. Fate un giro in un giardino botanico e annusate i fiori: nel mondo esistono circa 3000 specie di rose, provate a fare un confronto tra la Rosa Damascena e la rosa Tea.
Entrate in una erboristeria e comprate qualche grammo di ogni spezia, bacca, di fiori secchi e poi dopo averli impressi nella vostra mente, usateli per aromatizzare i vostri gin tonic.
Annusate tutto, anche quello che avete in garage. Non è un invito a sniffare colla, ma a non porvi limiti, identificare gli aromi eterei non è così semplice e serve un certo allenamento. Ci sono in vendita anche su Amazon molte raccolte di essenze da annusare, con manuali e spiegazioni: quello più completo ed esaustivo, dotato anche di schede riassuntive molto chiare e facili da memorizzare è il Kit Aromi del Vino Maestro Sommelier, 88 Aromi, è un discreto investimento, ma vale tutti i soldi spesi, visto che riuscirete a farvi un bagaglio di memorie olfattive molto ampio. L’importante è discernere a grandi linee i tipi di profumi, poi che sia un tipo di rosa o l’altra non è importante, ma capire le differenze tra limone e lime o timo e origano o sandalo e legno di cedro è fondamentale, per capire se è un profumo primario, secondario, terziario, dato dal legno o connaturato al vino.
E sapete chi sono i migliori degustatori di naso del mondo? I bambini: per due motivi. Uno fisiologico, visto che sono ancora intatte tutte le capacità di discernimento della mucosa e il secondo è che non fingono e non devono impressionare. Fate annusare un calice ad un bambino e vi dirà tutto quello che sente e si ricorderà anche se lo ha già annusato. Non solo è un esercizio per stimolare la memoria e le sue capacità nasali, ma in questo modo inizierà a crearsi un bagaglio di esperienze dirette, di ricordi di profumi.
A voi non resta che iniziare a stappare bottiglie ed annusare, buon lavoro!