Oltrepò Pavese Metodo Classico: vino, vitigno e caratteristiche
L’Oltrepò Pavese Metodo Classico è uno dei grandi spumanti italiani che convive con Trentodoc, Franciacorta e Alta Langa nell’Olimpo delle bollicine. Ma l’Oltrepò è molto più di un protagonista della spumantistica italiana, è un piccolo microcosmo, un mondo a parte, è stata la spinta propulsiva che ha dato il via alla produzione di spumanti in Italia nel 1700, ma soprattutto è la culla del Pinot Noir, italiano ovviamente. Pensate che gli ettari vitati di Pinot Noir sono quasi 3000, un numero pazzesco rispetto al parco vigneti della Franciacorta, che ne vanta al massimo 450. I numeri fanno la forza, ma in realtà, per quanto sia esteso il vigneto dell’Oltrepò, le cantine che lo compongono sono abbastanza piccole, a conduzione familiare, dove si producono vini artigianali di spessore ed eleganza. Ci sono alcune realtà molto grandi, ma il tessuto produttivo è fatto di tante piccole realtà che meritano di essere scoperte e visitate.
Ma perché dovreste bere un Oltrepò Metodo Classico e non invece un Trentodoc, un Franciacorta o un Alta Langa e quali sono le differenze sostanziali tra i quattro leader del mercato degli spumanti italiani?
Il Trentodoc ha dalla sua le Dolomiti, le vigne crescono nel freddo delle Alpi, con forti escursioni termiche, suoli di roccia pura e ad altezze molto superiori. Il Franciacorta ormai ha studiato e trovato uno stile riconoscibile, sebbene sia molto stilizzato e statico, e garantisce una discreta qualità media dei propri spumanti. L’Alta Langa è la più recente, ma è partita col piede giusto, con pochi vigneti, produzione mirata e dietro questi spumanti ci sono vignaioli piemontesi che hanno un track record da paura e se hanno fatto un investimento del genere, significa che ambiscono alla massima qualità possibile data dal terroir piemontese.
Allora ripetiamo la domanda: perché l’Oltrepò?
Perché il Pinot Noir a Pavia è il re e si identifica indelebilmente con questo spumante, se dite Oltrepò pensate agli spumanti metodo classico a base di Pinot Noir, vinificati in bianco, ma soprattutto ai grandi spumanti rosati. Ed è qui che entra in gioco il concetto di Cruasè, un progetto nato per valorizzare gli spumanti metodo classico rosati, a base di Pinot Noir, tra le espressioni più pure e aderenti alla natura rocciosa e nobile del Pinot. Infatti il nome è una sintesi di cru e rosé, due concetti che trovano in queste colline un significato concreto, applicazione nella vita diretta di tutti i giorni e in bottiglie che hanno un profilo aromatico unico e spessore strabiliante.
Dopo tutto l’Oltrepò Pavese è tagliato trasversalmente dal 45 parallelo, quello che idealmente coincide con egregie zone vitivinicole, come Bordeaux e le Langhe.
Disciplinare, classificazione e vitigni usati per produrre l’Oltrepò Pavese spumante metodo classico
Prima di passare alla spiegazione di come nasce questo spumante, citiamo il Disciplinare, dove si evince chiaramente che questo spumante è un Pinot Nero, magari non in purezza, ma le percentuali sono molto alte.
Per l’Oltrepò Pavese metodo classico e Oltrepò Pavese metodo classico rosé la percentuale minima di Pinot nero deve essere del 70%, il restante 30 % può essere composto da Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco.
Oltrepò Pavese metodo classico Pinot nero e Oltrepò Pavese metodo classico Pinot nero rosé devono avere una percentuale minima dell’85% di Pinot Noir, il resto può essere Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco.
Ricapitolando: il Pinot Nero domina come è giusto che sia e poi a scendere lo Chardonnay che dona cremosità e burrosità e i due pinot, bianco e grigio, usati per i profumi.
Come viene fatto l’Oltrepò Pavese Metodo Classico?
Non è tanto il come, che è sempre il méthode champenoise che usano anche gli altri, ma il terroir. Grazie ad escursione termica, suoli ricchi di argille e calcare e ai venti che si intrufolano in Liguria per arrivare fino alle cime delle colline, l’Oltrepò Pavese è diventata la culla naturale del Pinot Nero italiano, of course.
Torniamo al nostro vecchio méthode champenoise. L’uva matura sulle piante e poi viene raccolta quando non è troppo matura, si cerca l’acidità nei grappoli, non una perfetta e piena maturazione polifenolica o gli zuccheri. L’uva viene pigiata e fatta fermentare per creare i vini base: lo Chardonnay e il Pinot Noir vinificato in bianco subiscono una spremitura soffice e non fanno contatto con le bucce per ottenere un mosto cristallino dal colore giallo. Per fare i rosati invece, il mosto resta a contatto con le bucce di Pinot Noir giusto quel tanto per tingerlo e rilasciare più aromi e sapori, ma stiamo parlando di poche ore.
Il mosto adesso si trasforma in vino, inizia cioè a fermentare o con lievitazione spontanea oppure indotta. Finita la prima fermentazione il vino viene imbottigliato e si aggiungono lieviti e zuccheri sotto forma di mosto, fondamentali per far partire la rifermentazione in bottiglia e poi si mette il classico tappo a corona.
Adesso inizia il bello del méthode champenoise: non ci sono controlli sulla seconda fermentazione, i lieviti lavorano, consumano zucchero e rilasciano anidride carbonica, trasformando il vino, rendendolo complesso e stratificato, visto che anche gli stessi lieviti sono un ingrediente fondamentale. Avete presente tutti quei profumi e sapori di crosta di pane, di pasticceria, di zucchero filato e di prodotti da forno? Sì, esatto, sono i lieviti che li portano nel vino! Sono loro che compiono la magia di trasformare un vino acido come una limonata in un grande e sontuoso spumante, così ricco di profumi avvolgenti.
Andiamo avanti, non è ancora finita. Quando i lieviti hanno finito di lavorare, e quando il vignaiolo pensa che l’affinamento sui lieviti sia sufficiente, le bottiglie vengono messe a testa in giù nelle pupitres e vengono ruotate più volte al giorno, per far scendere verso il tappo i lieviti morti. In questo modo è possibile congelare il collo della bottiglia ed estrarre quella parte di vino congelato che contiene i lieviti. Adesso abbiamo a che fare già con uno spumante, anche se non è ancora pronto, ormai gli zuccheri si sono trasformati in alcol, per questo non serve fare vini base troppo complessi: i gradi arriveranno dopo.
Il dosaggio dell’Oltrepò Pavese metodo classico
Ci sono due vie: o si produce un Oltrepò Pavese Dosaggio zero, non dosato, cioè nudo così come viene e si imbottiglia o si procede con il dosaggio. In pratica si aggiunge un liqueur d’expedition, fatto di zucchero e vino, per addolcire e correggere lo spumante finale. La scelta dipende da quale prodotto si vuole produrre. Molti criticano il dosaggio, ma è nocivo solo quando appiattisce lo spumante e lo snatura, facendogli perdere la sua tipicità, ma è uno strumento e come tale va usato e considerato. Non tutti possono essere dosaggio zero o estremi a tutti i costi, anzi le più grandi maison dello Champagne hanno fondato la loro reputazione, il successo, sulla formula, sul prodotto dosato in un certo modo: ogni anno è uguale, è una vera e propria formula segreta che contraddistingue un tipo di spumante metodo classico. Chi compra sa che sapori ci sono in quella bottiglia.
Quali piatti abbinare all’Oltrepò Pavese?
Pesce, frutti di mare, carni bianche, salami di oca, cucina cinese vegetariana, zuppe, fish and chips, vitello tonnato, spaghetti alle vongole, spaghetti alla carbonara, pad thai.