Sangiovese: il vino, il vitigno e le sue caratteristiche
Il Sangiovese è uno dei più importanti vitigni italiani, il più coltivato in Italia. Se esiste un vino che per storia e personalità attira da sempre studiosi, intenditori e semplici appassionati, questo è il Sangiovese. Se ben coltivato, con basse rese, piante fitte—almeno 4000 per ettaro—può essere il vino dal perfetto equilibrio, con profumi molto raffinati, floreali, ma fragile.
Per questo serve attenzione quando lo si unisce in blend ad altri vitigni e soprattutto durante la maturazione del grappolo, che deve essere lenta, in modo che i tannini evolvano gradualmente, altrimenti si ha un vino estremamente scorbutico o una bomba dal frutto “marmellatoso”.
È adattissimo all’invecchiamento se affinato in botti grandi che ne smussano gli angoli, mentre un uso troppo aggressivo della barrique ne appiattisce le rotondità. Possiamo trovare il Sangiovese nelle vesti principesche del Brunello di Montalcino, come nei fiaschi da cinque litri, ottimi per sturare i lavandini.
Un po’ di storia del vino
Sembra che il Sangiovese fosse già noto agli Etruschi e si sia diffuso nell’Italia centrale seguendone le rotte commerciali, prova ne sarebbe il fatto che i loro domini in Italia centrale coincidono con i terreni prediletti del vitigno: Toscana, Umbria, Romagna.
Un altro mito narra che il nome derivi da Sanguis Jovis, sangue di Giove, nome attribuitogli da un monaco cappuccino del convento di Sant’Arcangelo di Romagna, nei pressi del monte Giove, durante un banchetto in onore di papa Leone XII, il quale chiese come si chiamasse lo squisito nettare che i monaci avevano servito.
La prima fonte attendibile che parla di Sangiogheto e Sangioveto è Gainvettorio Soderini, gentiluomo cinquecentesco. “Vitigno sugoso e pienissimo di vino” ci dice, “Che non fallisce mai”, ma anche pericoloso, perché è facile farne aceto.
Grape anatomy: ampelografia del vitigno
Le ultime scoperte ampelografiche di Vouillamoz confermano la discendenza del Sangiovese da Ciliegiolo e Calabrese Montenuovo, un vitigno scampato all’estinzione per puro caso. Ora, per capire meglio la geografia del vitigno, immaginate l’Italia centrale come un arcipelago di vigneti legati uno all’altro, formano una mezzaluna che ha una punta in Romagna, il dorso in Toscana e la parte inferiore in Umbria.
È sempre Sangiovese, ma non significa nulla, perché è il terroir a fare il vino. Prendete un clone in Romagna, dove si producono i migliori, e poi piantatelo a Montalcino, nel giro di due anni, la pianta muterà radicalmente adattandosi al terreno e sviluppando caratteristiche uniche e irripetibili, dando grappoli solo in parte simili a quelli del clone originale: ormai è diventato un X-Grape e se voleste ripiantarlo nel suo suolo d’origine non tornerebbe mai quello iniziale.
Caratteristiche organolettiche del vino Sangiovese
Come riconoscere il Sangiovese non è la domanda, meglio chiedersi: “Da dove viene il Sangiovese che sto bevendo?”, perché riconoscerlo non è così difficile. Ci sono caratteristiche organolettiche che lo rendono riconoscibile, primo tra tutti il delicato bouquet di violetta, ciliegia, iris, rosa, amarena, peonia, mora, prugna e pomodoro accompagnate da una buona freschezza, poi tè, cappero, timo, tartufo, funghi, maggiorana, muschio, sottobosco, felce.
E soprattutto terra, non quanto in un Barolo, ma ben percepibile. Quindi i sentori dovuti al legno come sandalo, tabacco, caffè, noci, cola. L’insieme è fine, il tannino è poderoso, ma di consistenza setosa, sono i fiori ad emergere e i frutti rossi a dare spinta all’acidità, il vino comunque è caldo, mai troppo rotondo, anzi con un certo nervosismo di fondo. Il colore è rubino fino ai quattro-cinque anni e poi tende al granato.
Non potete confonderlo con un Merlot, perché il Merlot è più sensuale, scuro, erbaceo e meno affilato. Non potete confonderlo con un Cabernet Sauvignon nonostante l’abbondanza di mirtilli, erbe e liquirizia, perché è più sottile e meno pieno anche come colore, con un tannino molto più leggero e soprattutto non ha il tipico profumo di peperone verde affumicato.
Con un Cabernet Franc impossibile, perché il Franc ha meno corpo e più note erbacee. E nemmeno con lo Syrah, sebbene ci sia pepe e more in entrambi, perché non è così corposo-cioccolatoso, denso e pungente, ma più fresco-terroso sicuramente. Pinot Nero e Barolo–Barbaresco hanno profumi terrosi, di funghi, sottobosco e muschio, ma basta solo osservarli per escluderli. Il Montepulciano forse? Entrambi hanno ciliegie e amarene e anche erbe aromatiche, ma il Sangiovese ha più prugna-terra e non quella nota rustica-irrequieta così tipica del Montepulciano, né tutto quel calore.
Temperatura di servizio del Sangiovese
Varia in base alle infinite tipologie del vino. Il Brunello di Montalcino va servito ad un temperatura di 18 C° per esaltare le note di fiori appassiti e andrebbe aperto almeno un paio d’ore prima d’essere bevuto. Lo stesso dicasi per il Vino Nobile di Montepulciano e le riserve di Sangiovese di Romagna: tanta complessità va fatta respirare. Il Rosso di Montalcino, meno strutturato, servitelo ad un temperatura di 16°. I vini giovani, dalle note vinose metteteli nel decanter prima di servirli, una bella boccata di ossigeno darà equilibrio.
Abbinamenti consigliati per il vino Sangiovese
In Romagna è il vino da abbinare ad ogni grigliata, ma i più leggeri possono anche accompagnare pesce azzurro e spiedini di sardoncini, per non parlare di piada e affettati. Paella, vitello tonnato, pollo al curry, costine con salsa barbecue, lasagne al forno, roast beef, pulled pork, empanadas, hamburger, filetto alla Wellington. Da provare anche con tartufo e bistecca alla fiorentina.