Bolgheri DOC: guida ai vini della costa toscana
Parlare dei vini di Bolgheri e della relativa DOC presuppone un piccolo racconto di storia, perché sebbene sia una zona giovane nata solo con i primi passi del Sassicaia, ha visto molti protagonisti dell’enologia italiana entrare in gioco, creando una serie di fortunati eventi.
Inutile negarlo tutto è iniziato dal Sassicaia, quando nel 1944 il marchese Incisa Rocchetta piantò delle barbatelle di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc a Castiglioncello di Bolgheri, dopo aver notato la strabiliante somiglianza di suoli e microclima tra la fascia costiera compresa tra Bolgheri e Castagneto Carducci e Graves. Do notare i due nomi: Sassicaia e Graves, già etimologicamente pieni di “ciottoli” e sassosi.
Dopo anni di consumo privato e di oscurità, il Sassicaia si impose come grande vino di taglio bordolese, ma quello che è importante rimarcare è che è stato il primo vino che osato ed è diventato icona del vino italiano. Non discutiamo sul piacere-amore-odio-invidia che avvolgono il Sassicaia, ma è innegabile che abbia rivoluzionato il mondo del vino italiano, lo abbia pungolato e abbia spalancato nuove vie commerciali, soprattutto con gli Stati Uniti. Senza contare il fiorire di nuovi epigoni come il Masseto e i vini di Grattamacco che ormai da “wannabe Sassicaia” sono riusciti a trovare una propria identità. Sta di fatto che tutte le realtà, come Bellavista, Gaja, Antinori e Ricasoli e via dicendo.
Quindi il Sassicaia e tutta Bolgheri non sono altro che una pedissequa emulazione dei celeberrimi vini di Bordeaux? Hanno replicato la felice ricetta del vino marittimo, è davvero solo il mare a rendere grande il vino?
In realtà non è affatto così, entra in gioco il fattore umano, il terroir ancora una volta. Certo le basi, ossia le condizioni e i vitigni più usati nel bordolese sono quelli, ma cambia radicalmente la interpretazione, la sensibilità e anche il clima. Se è vero che i Bolgheri DOC sono vini intensi, molto sontuosi, fruttati, ricchi di estratto, potenti e che hanno bisogno di una lungo affinamento in barrique, è vero anche che c’è una traccia balsamica unica, il ricordo della macchia mediterranea, un richiamo particolare che rendono i vini di Bolgheri unici e irripetibili. E siamo solo agli inizi: le vigne sono relativamente giovani ed è solo con i nuovi impianti che si predilige una densità più fitta di ceppi: insomma il bello deve ancora venire.
Quindi non siate troppo snob, soprattutto tra molti “cosiddetti addetti ai lavori” i vini di Bolgheri sono considerati prodotti poco fini, troppo muscolosi e fin troppo espansivi, non tipici, non autoctoni, come se ormai si dovessero coltivare solo autoctoni… Certo non sono il massimo dell’originalità, ma è perché i vignaioli artigiani della zona hanno ancora molta strada da fare, sperimentano e nessuno vi obbliga a comprare vino omologati delle cantine più commerciali che vogliono vendere negli Stati Uniti.
Affinamento e vitigni usati per produrre vino Bolgheri DOC e Superiore
I principali vitigni impiegati sono il possente Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Cabernet Franc, che possono essere monovitigno o presenti in blend. Altro vitigno significativo, permesso fino ad un 50% è lo Syrah che mostra sicuramente i suoi lati aromatici più interessanti e pepati in questa zona. E poi chiudiamo con il Petit Verdot usato fino ad un massimo del 30% e il Sangiovese usato fino ad un massimo del 50%, ma che stenta e non presenta particolare vitalità.
Il DOC Bolgheri deve affinare un anno; il DOC Bolgheri Superiore almeno due anni, di cui uno in legno.
Il DOC Bolgheri Sassicaia è un blend in cui deve essere presente almeno l’80% di Cabernet Sauvignon e riposa per almeno 2 anni, di cui 18 mesi in barrique.
Caratteristiche organolettiche
Difficile fare una media, i vitigni sono molti e seguono ovviamente l’uvaggio con differenze abissali tra Cabernet e Merlot. Quello che è inequivocabile e riconosciuto è la ricchezza, l’opulenza di questi vini, sono nettari densi e pieni, ricolmi di profumi di frutti di bosco, eterei e molto strutturati. A parte i vinelli base beverini, sono vini corposi che devono maturare per anni per trovare un equilibrio eccellente, smaltire la tostatura del legno e sviluppare profumi terziari ed eleganza. La tendenza è quella di spingere sul frutto pompato, di mettere i muscoli in mostra per ammiccare ai mercati degli States, ma non tutti i produttori ricercano uno stile così esasperato per fortuna e puntano di più su bevibilità e un filo di naturalezza di beva. Setta, Motta e Chiappini sono produttori che meritano un assaggio.
In ogni caso non abbiate fretta, non stappate adesso un Sassicaia 2016 per le vostre grigliate sotto l’ombrellone. Vi lasciamo con un assaggio emblematico fatto tempo fa di un Guado al Tasso 2008 che ci ha stupito, il vino aveva fascino e profondità e quella focosità tannica e la prepotenza fruttata avevano lasciato posto ad un sinfonia evoluta e sinuosa, ma parliamo di un vino di 11 anni.
Il Bolgheri DOC bianco è molto più tradizionale, il vitigno principe è il Vermentino, che già domina tutta la costa, a cui si aggiungono piccoli saldi di Sauvignon Blanc o Viognier.
Bolgheri DOC in abbinamento con il cibo
Questi vini sono intensi, tannici, potenti e richiedono piatti succulenti, saporiti e altrettanto impegnativi: pollo al curry, pulled pork, empanadas di carne argentine, hamburger.