Carmenère: vino, vitigno e caratteristiche organolettiche
Il Carmenère è uno vitigno a bacca rossa francese da cui si ottengono splendidi vini, sontuosi, caldi e avvolgenti. È uno dei vitigni più apprezzati dagli appassionati, ma anche dal grande pubblico, grazie alla sua duttilità e ad un’innata eleganza che si traduce in vini dal fascino carnoso, dotati di ampiezza, frutto vellutato e grande profondità aromatica.
Ma è anche un vitigno che ha girato tutto il mondo al fianco degli immigrati nei primi dell’Ottocento, quando sono iniziate le grandi migrazioni verso l’America Latina.
Storia del vitigno Carmenère
Le vicissitudini di questo vitigno girovago sono affascinanti. Come la maggior parte dei vitigni bordolesi, come Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Malbec deriva da una selezione della leggendaria vitis biturica coltivata dalla tribù celtiva dei Biturigi. E fino a poco prima del flagello della fillossera, il Carmenère era uno dei vitigni storici della zona di Bordeaux. Non era un protagonista, certo, veniva usato al pari del Petit Verdot per dare colore, profumi e un piglio elegante ai blend bordolesi, ma diciamo che viveva nell’Olimpo.
A causa della sua lenta maturazione e siccome i vini di Bordeaux dovevano essere messi prima sul mercato e non era ragionevole rischiare con maturazioni troppo lunghe, a poco a poco fu estromesso dall’Eden. E così il Carmenère cadde nell’oblio e fu praticamente considerato estinto. Ma torniamo alle migrazioni in Sud America: in Cile per l’esattezza.
Le prime vigne furono piantate circa a metà dell’Ottocento, poco fuori Santiago, nella Valle del Maipo: principalmente si produceva Merlot e Pais. Ma dopo più di un secolo i vignaioli cileni scoprirono grazie ad analisi del DNA che quello che fosse Merlot in realtà era Carmenère. Siamo negli anni 70 del Novecento e da quel momento il Cile diventa nuova patria del Carmenère, esattamente come la vicina Argentina era diventata la nuova casa del Malbec.
Caratteristiche organolettiche del Carmenère
Il colore è rosso rubino molto intenso, tanto che si pensa che il nome del vino derivi dalla parola “carmina”, ossia rosso.
Il bouquet è ricco, sontuoso, caratterizzato da un frutto carnoso, maturo, a cui fanno da cornice spezie, erbe aromatiche ed eleganti note vegetali intrecciati a fiori, profumi balsamici di resina e cipria, petali di rosa ed eucalipto. Richiami eterei, rabarbaro, cioccolato e leggerissimo fumo (torba?) quando matura bene in legno. Ricorda il Merlot e il Petit Verdot, alla lontana, ma dopo tutto sono parenti stretti. In ogni caso la densità dei profumi, la stoffa, lo spessore sono notevoli, pur senza risultare “aromatico”.
Al palato è un vino pieno, tannico, ma ingentilito da un calore vellutato che affascina il palato, senza mai diventare troppo aggressivo o verde. Come sorso è corposo e volumetrico, ma ha polpa e propulsione, non è un vino flaccido o noioso. I tannini sono gustosi, decisi e hanno il sapore del rabarbaro, ma soprattutto sono i delicati sapori vegetali a rendere screziato e vario questo nobile vino rosso.
Questa è la descrizione di un ottimo Carmenère, ma trovarne uno fatto a regola d’arte non è così facile, visto che è un’uva difficile da gestire. Il Carmenère ha una maturazione lenta e lunghissima, bassa acidità e la tendenza ad esplodere come zuccheri e calore, quindi trovare il giusto equilibrio è una bella sfida enologica. Il fattore clima aiuta il Cile. Le correnti fredde scendono dalle Ande portando freschezza e lo stesso vale per le brezze marine, che danno mineralità al vino.
Nei casi più fortunati, con la giusta altitudine e se è piantato in terreni poveri, il Carmenère può diventare un vino strepitoso, anche se prodotto in purezza. Ma una decisa escursione termica tra giorno e notte è fondamentale per fissare profumi e dare finezza e acidità alle uve. Questo non significa che tutta la produzione sia notevole, ci sono anche i vini tristanzuoli o dozzinali, ma non ci sono (quasi) mai vini veramente pessimi, è molto difficile produrre male in questa terra benedetta. In Cile troverete anche bottiglie da pochi pesos di vini decorosi, ma banali e slavati, perché in pianura le rese sono alte, il lavoro è pagato nulla o poco più e non servono molti trattamenti.
Zona di produzione del Carmenère
Il miglior Carmenere italiano
Per ora, il Carmenere più interessante, elegante e sontuoso che abbiamo assaggiato è il mitico Relogio Ca Orologio 2013. Ha corpo e polpa, tanto succo, ma eleganza, pienezza e una certa austerità che invita a bere, ma anche a lasciarlo in cantina per 10 anni tranquilli. Costa 30 euro, quindi non è un vinello da tutti i giorni, ma non è un prezzo esagerato, visto che è uno splendido vino naturale o artigianale se preferite, di una azienda agricola a conduzione biodinamica che lavora con grande attenzione nei Colli Euganei.
Carmenere vs Cabernet Franc: le differenze
Il Cabernet Franc è un vino più scarico come colore, tende al rubino. Il bouquet è più vegetale e leggero volendo, meno caldo, sicuramente meno balsamico. Il Carmenere ha un colore più intenso e denso. Molto dipende dalla vinificazione, ovviamente, ma il Cabernet Franc è più fresco e meno avvolgente, non diciamo severo, ma quasi, sia al naso che al palato.
Abbinamenti consigliati per il Carmenere
Stiamo parlando di un vino pieno, caldo, tannico e dal frutto esplosivo: è chiaramente carnivoro, adora la carne alla griglia, l’asado, pollo al curry, pulled pork, empanadas di carne argentine, hamburger.