Grandi vitigni d’Italia: Nebbiolo, il re del Piemonte
Il Nebbiolo è un vitigno delicato, difficile da coltivare: ha una maturazione lenta che si protrae fino a Novembre e spesso si vendemmia tra le nebbie autunnali. A tal proposito, sembra che il nome Nebbiolo derivi dalle nebbie che avvolgono le colline delle Langhe, creando dei paesaggi metafisici con i vigneti che fluttuano su un mare bianco. Un’altra teoria, molto meno affascinante, vuole che Nebbiolo venga dalla tipica pruina che ricopre i grappoli con una patina opalescente che ricorda la nebbia.
Zona di produzione del Nebbiolo: Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia
Dal Nebbiolo si producono due dei più pregiati vini di tutta Italia: Barolo e Barbaresco, i cui nomi vengono da due piccoli villaggi nel cuore delle Langhe, poco distanti da Alba, dove si suppone il vitigno sia nato. Ma non è finita qui, perché alla sinistra del fiume Tanaro, che taglia in due la parte meridionale del Piemonte, abbiamo il Roero, una zona in costante ascesa per la produzione di Nebbioli di alta qualità, che non saranno blasonati e strutturati come quelli delle Langhe, ma offrono una bevibilità eccellente. Una gita a Canale è d’obbligo per assaggiare i Nebbioli di Marco Porello, Malvirà e Monchiero Carbone.
Altre realtà da prendere in considerazione sono Ghemme e Gattinara, due minuscole oasi tagliate dal fiume Sesia, nel nord del Piemonte, tra Vercelli e Novara. Qui il Nebbiolo è chiamato Spanna e lo si trova in blend con la Vespolina e per quanto siano piccole le produzioni—100 ettari per il Gattinara—non mancano le sorprese, grazie a dei suoli meno pesanti-argillosi, ma più rocciosi e anche a diverse condizioni climatiche—escursione termica—che affilano i vini, favorendo finezza di bouquet e sfumature minerali, piuttosto che la concentrazione dei tannini. Emblematico è il Boca della cantina Le Piane, dove abbiamo un tannino finissimo: un soffio che scorre tra foglie e pietre ricoperte di muschio, solleticando la lingua con fragoline sotto spirito.
L’altitudine si fa ancora più estrema quando parliamo di Carema, un comune al confine con la Valle d’Aosta, che dà il nome ad una produzione di grande spessore, ma limitata a due cantine: Ferrando e Produttori Nebbiolo. Le difficoltà che impone la coltivazione della vite in questa zona hanno spinto molti ad abbandonare i vigneti, ma sarebbe un peccato perdere queste vigne costate tanti sacrifici e che riescono a dare Nebbioli estremamente intensi, dai tannini evoluti, con note di ciliegia sotto spirito, pepe e cacao, petali di rosa e le classiche note terrose che sfumano in una sapidità di montagna che non ha eguali. Piccola, nota: qui in Valle d’Aosta il Nebbiolo è chiamato Picoutener o Picotendro.
Lo stesso scenario di ripidi terrazzamenti intagliati tra le montagne, si ha in Valtellina, l’unico vero baluardo del Nebbiolo, qui chiamato Chiavennasca, al di fuori del Piemonte. Anche in questo caso stiamo parlando di una produzione di nicchia. Il fatto che l’affinamento minimo sia di soli 25 mesi ci fa capire che le uve non hanno e non puntano alla stessa ricchezza polifenolica di quelle piemontesi, ma compensano in acidità e profondità di profumi grazie ad una escursione termica notevole. Da ovest ad est abbiamo il Sassella, il vino di punta, dai tratti molto fini, Grumello fresco e con note minerali, l’Inferno che forse è il più robusto e scorbutico, e infine il Valgella, più leggero, con tanti fiori. Ottimo anche lo Sforzato di Valtellina, Sfurzat, vino prodotto dai migliori grappoli raccolti e poi fatti appassire per tre mesi sui graticci, a cui segue una lunga vinificazione per estrarre tutto il possibile dalle bucce di Nebbiolo e almeno 12 mesi di affinamento in botte. Da notare i nomi molto evocativi dei vini, che richiamano le fatiche a cui i contadini si devono sottoporre.
Mai come per nessun altro vitigno italiano si può parlare di legame con il territorio, tanto che al di fuori di Piemonte e Lombardia, il Nebbiolo fatica molto, non solo a trovare un’identità precisa, ma anche soltanto ad attecchire. Tutte queste difficoltà derivano dalla fragilità della pianta, ma anche dalla lunga maturazione dei grappoli, che hanno bisogno di calore, altitudine compresa tra i 300 e i 450 metri—non di più altrimenti il freddo rallenta la maturazione—e buona ventilazione per evitare che gli stessi grappoli, molto compatti, vengano aggrediti dalle muffe o gonfiati dalle piogge autunnali. Il metodo tradizionale prevede solo i grappoli migliori, una macerazione molto lunga per estrarre grande carica polifenolica e affinamento in botti grandi per permettere ai tannini e a tutto questo estratto di evolvere in vini austeri, tannici, dal frutto rotondo, ma che raramente escono sul mercato pronti per essere bevuti, o almeno sono pronti da un punto di vista enologico, ma sarebbe un crimine berli subito.
Caratteristiche organolettiche del vino Nebbiolo
Come riconoscere questo nobile vino, quali sono le sue caratteristiche principali? Partiamo dai vini base, come il Langhe Nebbiolo e il Rosso Valtellina, due vini che puntano su una concentrazione meno esasperata, note di frutti di bosco, tabacco, cuoio e violetta e tannini non così massicci, anche se non mancano accenni eterei. Il colore è trasparente non potete sbagliare.
Se andiamo su un Barbaresco, un Barolo o un Roero lasciamoci guidare ancora dagli occhi. Trasparenza prima di tutto e bordo color mattone. E poi il bouquet, che deve racchiudere in sé tutti i profumi delle Langhe in Autunno: tartufo, nocciole tostate e terra, a cui si mescolano piccoli frutti di bosco che pungono il naso, come ribes, lamponi e fragoline, ciliegie in gelatina, cioccolatino all’amarena e Mon Cherì per dirlo alla Gardini. L’acidità non è mai esuberante, e si sente un netto richiamo di foglie, anice, sottobosco, tabacco, tè, menta, il tutto incastonato in un tannino possente, pieno di striature di cacao e radice di liquirizia a sottolinearne la profondità. Pensate alla finezza di un Pinot Noir e aggiungete il tannino, la terra e le note eteree come lacca, cera, smalto e liquore al maraschino.
La capacità di invecchiamento del Nebbiolo è leggendaria e con l’età sviluppa tutto il suo potenziale: da rubino diventa aranciato, i fiori appassiscono in un pot-pourri ancora più complesso, emergono note di goudron, affumicate, di spezie e legno dolci, incenso, cannella e noce moscata; il tannino si affina, sviluppa altre suggestioni amare: infuso di erbe e radici, tamarindo, cola, caffè, aprendosi ad un’evoluzione immortale.
Temperatura di servizio del vino Nebbiolo
Per i vini giovani e leggeri una temperatura di 16-18 gradi è ottima. Se dovete servire vini invecchiati e più strutturati la temperatura è di 18-20 gradi. Per le grandi annate di Nebbiolo 20 gradi è la temperatura ideale.
Abbinamenti consigliati
Tannini, frutto e richiami terrosi invitano all’abbinamento classico con il tartufo, la selvaggina, i brasati, ma è ottimo anche per carne affumicata, paella mista, vitello tonnato, pollo al curry, costine con salsa barbecue, lasagne al forno, risotto al tartufo, pulled pork, empanadas, hamburger, filetto alla Wellington.