Chiavennasca: vino, vitigno, caratteristiche
Il Chiavennasca è il vitigno a bacca rossa che domina in tutta la Valtellina, quello da cui si producono i grandi vini immortali della DOCG Valtellina Superiore, come lo Sforzato l’Inferno, il Valgella, il Sassella, il Grumello.
Ma forse quello che non tutti sanno è che il Chiavennasca è un clone del Nebbiolo, certo non è semplicemente una mutazione del Nebbiolo, perché è coltivato in totale isolamento da più di 500 anni in Valtellina, per cui ha preso una strada evolutiva diversa, si è sviluppato adattandosi a particolari condizioni e anche la selezione clonale è stata particolare. Quindi dire che il Chiavennasca è solo un Nebbiolo Sarebbe riduttivo e piallerebbe le sfumature piccole, ma di incredibile portata, di cui è composto il vino. E non parliamo solo di questo nobile vitigno della Valtellina, ma di tutti i vitigni più in generale.
Caratteristiche organolettiche del Chiavennasca
Il bouquet è etereo , una cornucopia di frutti di bosco, violette, anguria, ginepro e fiori, non mancano profumi terrosi che ricordano le foglie fanno pensare al sottobosco, al tartufo e ai profumi dell’autunno. Se sono vini semplici e giovani prevalgono profumi floreali fruttati delicati, se il vino affina in legno e matura per qualche anno, ecco che avviene una delle magie più incredibili che ci siano al mondo del vino: Si sviluppano profumi terziari che vanno dalla lacca alla cera, emergono note balsamiche, speziate, il mare fruttato si condensa, ma rimane sempre austero, terzo, cristallino. E visto che siamo in Valtellina, i suoli, l’altitudine e l’escursione termica giocano un ruolo fondamentale: i profumi sono più acuminati, netti, ma anche delicati e rocciosi. Ci sono meno densità e “terrosità” rispetto ai Nebbioli di Langhe e Roero, ed è per questo con non possiamo liquidare il Chiavennasca come semplice clone del Nebbiolo. Perché ha sviluppato un legame e un’armonia unica in Valtellina, non sono perché è una spremuta di rocce, ma anche per il lavoro instancabile e certosino fatto dai vignaioli. I quali hanno scavato le montagne, hanno costruito terrazzamenti e muretti per sostenere le vigne e hanno il coraggio di spingersi in alta quota, dove le rese sono minori, il freddo rischia di bruciare le gemme, ma dove solo le aquile osano. Per questo motivo la viticoltura in Valtellina è definita eroica, perché bisogna lavorare il doppio con il triplo della fatica, la vendemmia è un calvario e a volte per far scendere a valle le uve si usano gli elicotteri che portano i cassoni pieni di grappoli.
Al palato è come al naso, una prosecuzione perfetta. Austero, ma ricco di sfumature, una sinfonia di terra e bosco che assumono struttura di grande respiro. Le bucce degli acini sono abbastanza sottili, ma consistenti e ricche di antociani e i vinaccioli pure non scherzano, i tannini di conseguenza sono vigorosi e donano forza, spinta e profondità al sorso, aprendosi come un arcobaleno dai mille sapori di radici, china, rabarbaro, liquirizia con il frutto fresco a fare da sponda. La particolarità dei vini fatti con il Chiavennasca che li distingue dai Nebbioli di Langa è la presenza di una spiccata salinità dovuta ai suoli, senza contare che altitudine ed escursione termica aiutano a dare grande freschezza alle uve. La maturazione polifenolica avviene almeno a metà ottobre, non prima ed è abbastanza lenta, senza contare che varia molto da zona a zona, dall’esposizione e perciò in alcune vigne si vendemmia anche a novembre inoltrato.
Zona di produzione del Chiavennasca
La sua culla, la sua zona elettiva è la Valtellina da più di 500 anni, da quando il Nebbiolo, originario delle Langhe, fece qui la sua prima comparsa. Ma non è solo una questione di adattamento del vitigno o di migrazione, è una vera propria dominazione, in pratica tutti i vini rossi della Valtellina sono a base di Chiavennasca-Nebbiolo, tra cui ricordiamo i più importanti come lo Sfurzat e i rossi della Valtellina DOCG come l’Inferno, il Valgella, il Sassella, il Grumello.
Storia del vitigno Chiavennasca
Ok, ormai lo abbiamo detto ed è appurato, il Nebbiolo giunse in Valtellina prima del 1500, periodo in cui era già ampiamente diffuso, come mai gli si è dato questo particolare nome? Ci sono varie ipotesi, la prima è i locali consideravano la città di Chiavenna, nella Valle Chiavennasca, il suo luogo di origine e quindi gli diedero lo stesso nome. Ci sono altri che si lanciano in teorie linguistiche dialettali e notano le somiglianze tra la forma ciu venasca, che significa vitigno dal grande vigore e linfa, e ciu vinasca che invece significa vitigno buono per fare vino.
Biotipi
Ci sono tre tipi differenti di Chiavennasca: il Chiavennasca Intagliata e il Chiavennascone sono affini alla Chiavennasca e vantano differenze minime solo a livello di forma delle foglie, mentre la varietà Botti differisce per un vigoria superiore. Attenzione a non confondere il Chiavennaschino con questa famiglia con cui non ha nulla a che fare, poiché in realtà di tratta di Grignolino.
Abbinamenti consigliati per il Chiavennasca
Dipende molto dal vino in questione: ci sono vini Valtellina scarichi e profumati che sono perfetti per salumi o anche pasta al pesto oppure degli Sfurzat di inaudita ampiezza che possono domare qualsiasi piatto di carne, pollo al curry, costine con salsa barbecue, lasagne al forno, risotto al tartufo, pulled pork, empanadas di carne argentine, hamburger, filetto alla Wellington.