Zibibbo: vino, vitigno, storia e caratteristiche
Il vino di Pantelleria, la splendida isola ad ovest di Trapani, è uno dei tesori dell’enologia italiana. Un vino antico, vellutato e prezioso, dotato di grande piacevolezza e bevibilità, che si manifestano attraverso freschezza solleticante, un arcobaleno di profumi floreali e la sapidità che le brezze del mare conferiscono alle uve.
Che cos’è lo Zibibbo?
Pantelleria è il nome della DOC, ma andando più nello specifico, il vitigno protagonista dell’isola è lo Zibibbo, il Moscato di Alessandria, coltivato fin dal tempo della conquista degli Arabi, che introdussero le famose uve Zibibbo (zabīb in arabo significa uve secca) sull’isola di Pantelleria per produrre uva passa, non certo per vinificarle. Quindi la nascita di questo splendido vino è stato uno straordinario evento fortuito. Gli Arabi capirono che i venti, i terreni vulcanici e le alte temperature avrebbero creato condizioni ideali per l’appassimento dell’uva e infatti avevano ragione da vendere.
Caratteristiche organolettiche dello Zibibbo-Moscato di Alessandria
Abbiamo detto che lo Zibibbo, come è chiamato anche il vino, è un Moscato di Alessandria e quindi fa parte della grande famiglia dei Moscati, i vitigni più aromatici in assoluto, connotati da profumi di fiori gialli come ginestre, frutta come albicocca, miele, frutta secca, tiglio, salvia e muschio. Attenzione però, abbiamo parlato di uve essiccate, tuttavia il Moscato di Pantelleria DOC è un semplice vino dolce prodotto con uve fresche, non disidratate, al contrario il passito di Pantelleria è il classico vino dolce denso e sciropposo prodotto con uve essiccate.
Classificazione del vino della Pantelleria DOC
A queste due tipologie di vini bisogna affiancare una ulteriore classificazione con svariate interpretazioni, anche loro comprese nella Pantelleria DOC, che le comprende tutte. Sono molte, arzigogolate e di certo non aiutano il consumatore, visto che creano un caos incredibile. Sintetizzando abbiamo il Pantelleria Moscato liquoroso prodotto con uve fresche, il Moscato spumante anche lui prodotto con uve fresche e caratterizzato da un perlage titillante.
Il Pantelleria Moscato dorato, che viene tagliato con alcol e deve avere un residuo zuccherino di 100 grammi per litro; il Passito liquoroso da uve appassite fino ad un massimo di concentrazione degli zuccheri del 60% e poi tagliato con alcol, il Pantelleria Zibibbo dolce che è uno spumante molto leggero e chiudiamo con il Pantelleria bianco, l’unico blend dove non è necessario il 100% di Zibibbo, ma l’85%, che a sua volta può essere anche frizzante…
Tante parole, ma stringi stringi, il vino di Pantelleria dà il proprio meglio con i vini dolci, da vendemmia tardiva o da grappoli appassiti in pianta, anche se la grande particolarità di questi vini è il metodo con cui vengono allevati gli alberelli, quasi dei bonsai racchiusi in buche scavate nella roccia basaltica di origine vulcanica. Un metodo così particolare e suggestivo che nel 2014 l’Unesco ha premiato lo Zibibbo di Pantelleria eleggendolo Patrimonio dell’Umanità.
Questa tecnica di sopravvivenza serve per proteggere le viti dal vento e dalle intemperie e raccogliere le acque piovane e l’umidità della notte nelle piccole conche di roccia, in modo da compensare la cronica scarsità di acqua. In ogni caso è tollerata l’irrigazione di soccorso.
E l’altro grande fattore che determina il gusto dello Zibibbo di Pantelleria è il mare: il vino è sì acido come ogni Moscato, ma è soprattutto impregnato di sapidità, di iodio e anche i profumi delle uve portano in eredità questa mareggiata di profumi iodati.
A tutte queste suggestioni aggiungiamo anche il suolo di origine vulcanico dell’isola di Pantelleria, così peculiare, ottimo per conferire sapori lavici, minerali e complessi all’uva e così finalmente potrete capire la complessità di questi straordinari vini. Se sono unici al mondo è proprio perché le condizioni sono assurde ed irripetibili.
Se volete fare un confronto, potete assaggiare i magnifici Moscatel de Setùbal, prodotti in Portogallo con lo stesso vitigno, il Moscato di Alessandria e noterete grandi similitudini e abissali differenze. Anche in questo caso è questione di terroir.
In molte zone della Sicilia sta prendendo piede l’usanza di vinificare lo Zibibbo secco, per produrre vini tesi e profumatissimi, non troppo strutturati, ma in grado di esaltare la tipica cucina di mare siciliana a base di pesce spada, tonno, mitili e crostacei. Sicuramente una versione meno suggestiva, ma da provare, anche se fosse per un aperitivo con due olive e un piatto di sardine.
Il grappolo dello Zibibbo-Moscato di Alessandria
È molto diverso da quello del Moscato Bianco, il quale è tondo e minuto. Quello dello Zibibbo è sempre alato, ma più compatto, con acini più grossi e allungati.
Storia dello Zibibbo
È assodato che l’abbiano introdotto sull’isola gli Arabi intorno all’anno mille, ma sulla sua provenienza ancora si brancola nel buio. Alcuni pensato che, dato il nome, provenga dall’Egitto, dove era usato per produrre uva secca, anche se non ci sono pareri unanimi. La parola italianizzata Zibibbo compare solo nel tardo 1600.
Abbinamenti consigliati per lo Zibibbo
Tutti i dolci a base di frutta secca, miele, ciambella romagnola, cantucci toscani, zuppa inglese, tiramisù, torta di mele, ma è ottimo anche con formaggi stagionati, erborinati come Stilton, Roquefort e Gorgonzola.