Orange wine: cosa sono e come vengono prodotti
Gli orange wine sono vini prodotti da vitigni a bacca bianca che fanno una macerazione più lunga del solito. Il consumatore medio quando parla di vino bianco si aspetta un vino giallo scarico e verdognolo come il Grüner Veltliner, un vino giallo paglierino come la Ribolla Gialla o il Pinot Grigio o al massimo un vino carico e viscoso come il Gewurztraminer. Ma gli orange wine al contrario sono ramati, ambrati, quasi rosati, pieni di colore, arancioni, come in realtà sono e dovrebbero essere il Gewurztraminer, la Ribolla e il Pinot Grigio.
Quando stappate un orange wine, o sarebbe meglio dire un vino bianco macerato, il discorso cambia radicalmente. Il vitigno è sempre lo stesso, ma la vinificazione è totalmente diversa. Nei bianchi classici la macerazione, il contatto tra le bucce il mosto, solitamente è rapida, va da alcune ore ad al massimo 24 ore, poi il mosto viene privato delle bucce e viene fatto fermentare. Nulla di strano, la tipica vinificazione in bianco.
Orange is the new red: metodo produttivo degli orange wine
Quando producete un orange wine le bucce vanno lasciate a contatto con il mosto nei tini o nelle anfore e intanto fate partire la fermentazione. Pensate che la macerazione delle Ribolla della Castellada di Oslavia dura due mesi, 60 giorni. In questo caso abbiamo una vinificazione usata “solitamente” per i rossi, ma con vitigni a bacca bianca o ramata.
Ma perché vi parliamo della Castellada, una splendida cantina friulana? Il motivo è semplice, per andare più a fondo nell’argomento macerati, abbiamo chiamato Stefano Bensa, titolare della Castellada, perché lo conosciamo da anni, adoriamo i suoi vini ed è una persona meravigliosa e solare, che è sempre un piacere sentire.
Come ben sapete gli orange wine nascono in Armenia migliaia di anni fa, sono i famosi vini georgiani fatti nei qvevri, vini strutturati, balsamici e tannici, vere e proprie opere d’arte, il cui metodo produttivo in anfora è stato riconosciuto come patrimonio dell’umanità dell’Unesco, quindi non sono vini nel cartone, ma storia liquida. Anche se quando diciamo orange wine pensiamo all’Italia, grazie alla rivoluzione orangista innescata da Josko Gravner, il vate della macerazione, colui che abbandona la vinificazione tradizionale negli anni 90, per iniziarne una nuova, che in realtà è vecchia, un ritorno alle origini. Chi non ricorda i vini contadini di 40 anni fa, quelli del nonno che ci metteva le pastiglie, quelli ossidati che sembrava di mordere il rame a berli, quelli che sconfinavano fin troppo spesso nell’aceto dopo una gloriosa e spumeggiante cavalcata di alcuni mesi in damigiana. Ebbene, il ritorno al vino “antico” c’è stato, ma con consapevolezza, sensibilità e capacità e tutto questo impegno si è tradotto in vini balsamici, pieni di resine, tannini, screziature, stoffa. Vini che durano decine di anni, anzi alcuni iniziano ad aprirsi dopo dieci anni almeno, come i vini della cantina Denavolo, che sembrano rinascere dalle ceneri. Le dimensioni sono diventate quattro, come è la realtà, si è aggiunto il tempo che scorreva all’indietro.
E l’epicentro di questo sisma enologico è Oslavia, la piccola cittadina a cavallo tra Italia e Slovenia, poco fuori Gorizia, immersa in paesaggio idilliaco. I pionieri sono stati Gravner e Radikon, i primi a recuperare l’antica arte di fare vini macerati, una tecnica caduta in disuso per ovvi motivi. I vini sono più difficili da bere e da comprendere a causa del gusto omologato a cui ci siamo piegati negli ultimi decenni di stilizzazione efebica. Il processo produttivo è più lungo, dispendioso e difficile: in pratica vengono vinificati come vini rossi, i tempi di produzione si allungano. Serve il legno per farli affinare e devono affinare anche due o tre anni. Il costo ovviamente per il consumatore è maggiore, inoltre si va contro il paradigma che vuole che i vini bianchi siano snelli, dorati, profumati come un detersivo per i piatti e molto bevibili.
E così il movimento macerato pride è andato avanti e si è espando anche al di fuori di orange city: nei primi tempi i vini bianchi macerati sembravano delle stranezze, vini alchemici, ma vendemmia dopo vendemmia gli adepti sono cresciuti. Siamo passati al problema opposto: tra un po’ sarà ora di smettere di bere i famigerati orange wine, perché stanno diventando pericolosamente modaioli. Li troviamo su molte bocche solitamente asciutte e sobrie e sebbene sia un bene solleticare la curiosità per questi nobili vini e anche un metodo produttivo più consapevole, rispettoso ed artigianale, il problema dell’omologazione imposta, della banalizzazione di questo concetto di vino è il grande pericolo. Tanto che oggi molte sono le cantine che si cimentano e forse anche troppe, anzi a dirla tutta se non fai un vino macerato, un bel trebbiano, un’Albana o un poderoso e conturbante orange Pecorino non sei nessuno. Scherzi a parte, alcuni vitigni si prestano, alcuni vignaioli hanno sperimentato, hanno provato anno dopo anno, fallendo e infine riuscendo; altri invece si sono buttati su questo treno a capofitto e non ne hanno un’idea e fanno danni. Questo per dire che orange wine o macerato in etichetta non è sinonimo di vino buono, vino vero, vino artigianale, vino naturale sano e bello con pochi solfiti. Come sempre, il manico è essenziale.
E poi sono arrivate anche le anfore, sì, perché Josko Gravner iniziò ad usarle e così gli orange wine si sono georgianizzati ancora di più. Non tutti ovviamente, Radikon e la Castellada non le usano ad esempio. Ma anche qui serve attenzione e piedi di piombo: l’anfora è un ottimo materiale, molti lo considerano il migliore perché permette al vino di micro-ossidarsi lentamente e così la macerazione del vino è lenta, graduale e il vino si arrotonda, anche grazie alla forma ovoidale dell’anfora. Ma non è che se compri un’anfora in cocciopesto questo ti rende automaticamente edotto sul suo uso e sapiente come un georgiano: purtroppo nel mondo del vino storytelling e capacità si sovrappongono in maniera pericolosa.
Caratteristiche organolettiche degli orange wine
Ok, ma allora stringi, stringi come sono questi vini macerati? Difficile fare un identikit, dipende dal vitigno, ma quello che ci ha detto Stefano, che ringraziamo per il suo aiuto nella stesura di questa pagina di approfondimento, solitamente più il vitigno è neutro e più macera. Ad esempio, la sua Ribolla Gialla, la regina di Oslavia, macera per due mesi, il tempo necessario anche per fermentare e fare anche la fermentazione malolattica. Il Pinot Grigio macera per due settimane, invece i vini più aromatici e intensi come il Sauvignon Blanc e il Tocai Friulano macerano per quattro giorni al massimo.
Quello che è certo è che più il vino macera e più diventa ricco di polifenoli, di tannini e di spessore e quindi anche l’affinamento aumenterà proporzionalmente. Ritornando alla Ribolla Gialla di Stefano affina per tre anni in botti di legno.
Riassumendo quindi il colore è più intenso e scuro, aranciato o ambrato. I profumi sono più intensi, maturi, anche erbacei e floreali, c’è stato un vero e proprio potenziamento del corredo aromatico. Se volete, provate ad immaginarli come i vini dei Re Magi. A volte si sviluppano profumi di resine, di macchia mediterranea, balsamici, di eucalipto, ma anche di cereali di malto e torba.
Il sapore è avvolgente, la polpa è succosa, si addenta, il vino ha sviluppato più ardore tannico, stoffa, pienezza di corpo.
Prezzo degli orange wine
Costano di più? Forse, se state bevendo un Pinot Grigio che è stato in cantina quattro anni rispetto al Santa Margherita è naturale che costi cinque volte tanto. La lavorazione, il rischio e la consistenza del vino è diversa ed è giusto pagare la differenza.
Abbinamenti cibo e orange wine
Essendo più tannici, strutturati e corposi questi vini macerati possono osare anche con abbinamenti più spinti, ad esempio con carne bianca, salumi di cervo, formaggi stagionati, ma anche anatra o piatti a base di pesce grasso e molto saporito. Al momento dell’abbinamento non sono da considerare vini rossi, ma non limitatevi ad abbinarli solo al pesce e provate anche con vitello tonnato, pollo al curry, pulled pork, empanadas, hamburger.
Temperatura di servizio degli orange wine
Questo è uno dei temi più importanti: mai mortificare i vini bianchi macerati con temperature da vino bianco classico. 8 e 10 gradi sono temperature himalayane da dimenticare: 12 e 14 gradi sono temperature più adeguate per esaltare i profumi e non aumentare le sensazioni ruvide di questi vini, che ricordiamolo hanno polifenoli e tannini. Se provate a bere un’Albana macerata calda alla cieca potete tranquillamente confonderla con un rosso o un vin brulè.