Tequila: storia, caratteristiche e sapori
La tequila è il distillato nazionale del Messico, un’acquavite dal sapore lisergico ed estremamente aromatico. Il suo gusto è complesso, tagliente, a tratti balsamico. Non è un distillato semplice da approcciare, non è molto morbido, anzi forse è uno dei più inconsueti e dal gusto più particolare, ma una volta che vi sarete lanciati nel mondo della tequila non tornerete più indietro.
Tutto nasce dall’agave, una pianta originaria del Messico che “assomiglia ad un cactus” per via dei ciuffi di foglie spinose che spuntano fuori dal corpo della pianta (simile ad un ananas) e che possono arrivare ad un’altezza di 2 metri.
Agave blu: l’oro del Messico
Sebbene ci siano centinaia di tipi di agavi in Messico, la tequila, al contrario del Mezcal, può essere prodotta solo dalla famosa agave tequilana weber azul, l’agave blue. Come uso e come risorsa per il Messico l’agave blu è la corrispettiva della canna da zucchero dei Caraibi: è fonte di ricchezza, si può saccarificare per fare un dolcificante oppure distillarla per fare una splendida bevanda spiritosa.
Ma prima di iniziare a parlare della distillazione, che in realtà non è che sia così particolare, soffermiamoci un attimo sulla coltivazione e sulla lavorazione dell’agave, l’ingrediente con cui è fatta la Tequila: tutto da questo processo di coltivazione dell’agave.
Produrre tequila è ancora un affare di famiglia in Messico, serve una lavorazione lunga e lenta per preparare i frutti dell’agave e molti sono i produttori che potremmo definire artigianali. Molti marchi sono stati acquistati da multinazionali, ma la lavorazione è ancora manuale e molto curata. Merito anche di un disciplinare tra i più severi tra i distillati, ma ci arriveremo.
Cosa significa Tequila
Che nasca dall’agave lo dice anche la parola stessa, infatti Tequila deriva da mexcalli, che nella lingua Nahuatl, ossia azteca, significa agave cotta.
Tequila: questione di terroir
Torniamo alla lavorazione dell’agave blu.
Prima di tutto una agave impiega almeno 8 anni per arrivare alla giusta maturazione, il alcuni casi anche 12, soprattutto per le piante coltivate in alta quota.
E poi ecco che torna ancora il discorso del terroir. Il Terroir di Jalisco, i terreni sono di origine vulcanica, ricchi di minerali come silice e sono questi terreni così singolari a rendere unici l’agave.
E poi abbiamo l’uomo, che coltiva e raccoglie l’agave e qui introduciamo la figura mitica del jimador. Questi coriacei coltivatori usano la coa una sorta alabarda, un attrezzo dal manico lungo che ha la forma di una vanga rotonda e con i bordi affilati.
Il lavoro più difficile nella produzione della tequila spetta allo jimador, che deve prima di tutto scegliere le piante mature e poi pulire il cuore dell’agave, che sembra un ananas gigantesco. Ma è molto importante che sia ben pulita la piña, infatti le foglie rilasciano sapori sgradevoli e quindi va rasata con cura, anche con il contropelo per usare un’espressione da barbiere.
Dopo la raccolta dell’agave, le piñas vengono spaccate a metà e poste nei tipici forni (hornos) a cuocere per 1 o 2 giorni. Lo scopo è quello di trasformare l’inulina, in fruttosio e saccarificare l’amido così che possa poi iniziare a fermentare grazie ai lieviti.
Dopo la cottura l’agave viene schiacciato nei Tahona, vecchi mulini dove grandi ruote di pietra vengono ancora fatte girare dagli asini o da macchinari meccanici nelle distillerie più moderne, per estrarre il succo, che prende il nome di aguamiel, nome suggestivo come pochi. Sì, esatto, proprio come si fa con la canna da zucchero. Il succo (corrispondente al wot del whisky) viene poi raccolto in calderoni o cisterne così inizia la fermentazione, che può durare anche fino a 3 giorni. Come sempre c’è chi usa solo lieviti indigeni già presenti nel succo di agave e chi usa lieviti chimici.
E sue questa dicotomia artigiani vs industrie della tequila si concentra tutto il discorso della qualità, perché tutta questa lavorazione certosina, ma anche pachidermica, risulta ormai poco sostenibile, per cui le aziende più intraprendenti stanno modernizzando i processi. Magari usando autoclavi dove gli agavi cuociono in meno di 10 ore oppure comprando le piñas, mentre altri preferiscono partire dalla coltivazione e curare ogni passaggio personalmente.
La distillazione dell’aguamiel
A questo punto non resta che dare il via alla distillazione per trasformare un mosto ricco di zucchero come l’aguamiel, in un distillato concentrato e sontuoso. Anche per la tequila la distillazione può essere svolta in alambicchi di rame sia discontinui che continui. Dipende dalla distilleria e dal tipo di distillato che si vuole fare. Come sempre il primo prodotto della distillazione, la testa, viene scartato e così pure le code. È il cuore che conta. Solitamente le distillazioni sono due, ci sono forse un paio di distillerie che praticano una terza distillazione in stile irlandese, ma sono davvero poche.
Quanti gradi alcolici ha la tequila?
Il risultato finale è un distillato dalla gradazione di 55 gradi, anche se la tequila che troviamo in commercio ha una gradazione che va dai 37 ai 55 gradi. Può essere allungata con acqua distillata, filtrata con carboni oppure con filtrazione a freddo o addizionata di zuccheri o caramello.
Cosa significa Tequila Mixto e in cosa differisce dal 100% puro agave?
Da disciplinare la tequila è il risultato della distillazione di succo fermentato che per legge deve contenere il 51% di zucchero di agave, ok, bene, ma il resto da dove proviene? Mais o canna da zucchero, basta che sia alcol insapore… Il grosso problema è che la parola mixto non deve essere dichiarata sulle bottiglie, quindi dovete fare qualche ricerca prima di procedere all’acquisto. E questo lassismo forse è l’unica nota dolente di tutto il disciplinare, perché la tequila è una AOC: c’è severità per la coltivazione dell’agave, ma poi si chiude un occhio e mezzo per quel che riguarda coloranti e aggiunte di zucchero o glicerina e poca chiarezza sull’invecchiamento della joven. Per cui, se volete un distillato di qualità, cercate sull’etichetta della bottiglia la dicitura 100% puro agave.
Tipi di tequila
In ogni caso la tequila è pronta, così come è abbiamo la Tequila Blanco, che viene chiamata anche silver o plata e potrebbe fare volendo, fino a 60 giorni di affinamento in grandi botti di legno o botti usate per l’affinamento del Porto o del bourbon o nei tipici Pipones delle grandi botti verticali fatte di legno. Molti considerano questa tequila la vera regina, l’espressione più pura e cristallina del succo di agave fermentato, visto che non subisce ulteriori trasformazioni o invecchiamenti. Nuda come esce dall’alambicco.
Secondo step: Tequila Joven, un blend di Blanco e altre più invecchiate. Il colore più scuro è dato dal caramello, non è così invecchiata.
Tequila Reposado: l’invecchiamento in botti di quercia o leccio dura per almeno 60 giorni. Attenzione però non tutte sono invecchiate allo stesso modo. Quelle che fanno botte piccola sono le migliori.
Tequila Anejio: iniziamo a fare sul serio. L’invecchiamento è praticato in botti di capacità non superiore ai 600 litri per 1 anno.
Tequila Extra Anejio: stesso tipo di affinamento in botti di capacità non superiore a 600 litri, ma con una durata di 3 anni.
Sapore e gusto della Tequila
La Tequila è la più estrema dei distillati classici, mescola profumi incredibilmente fruttati, floreali e di erbe particolari, tutto ha un tono pungente, quasi resinoso, ma con un sottofondo cotto, di affumicatura. Ovviamente la sfumatura affumicata è appena pronunciata e quello che si sente sono sapori piccanti, salati, di agrumi con ricordi di peperoncino e terra. Il richiamo terroso, di radici, quasi anice, sono molto netti nella tequila, che è considerata la più “terrosa” e meno vellutata dei distillati. Ovviamente più affinamento in legno fa e più sviluppa aromi e sapori complessi, rotondi, di tannini, di legno e spezie.
Storia della Tequila
Noi continuiamo a usare il genere femminile, ma in realtà, in spagnolo, tequila è maschile, però sentire “il tequila” è agghiacciante, quindi ci prendiamo questa licenza poetica. Ma quando è nata questa benedetta bevanda spiritosa? Gli Aztechi bevevano una sorta di vino fatto con succo di agave fermentato fin dai primi secoli dopo Cristo, ma fu con l’arrivo dei Conquistadores che la produzione venne perfezionata e portata a pieno regime. Si chiama così perché fu proprio nell’omonima città che nacque il primo distillato.
Zone di produzione
La zona di produzione principale coincide con lo stato di Jalisco, tuttavia è possibile produrla anche in alcune sotto zone come Nayarit, Guanajuato, Michoacán e Tamaulipas, che è stata aggiunta in un secondo momento.
Come bere la tequila?
La tequila è un distillato che negli ultimi anni è migliorato esponenzialmente e grazie al cielo ormai sono lontani i tempi della tequila sale e limone, un modo di berla primitivo studiato apposta per non sentire il sapore della tequila. Quando la tequila era una brodaglia dal sapore di gasolio agricolo potevano andare bene gli shottini per ubriacarsi, oggi sono solo un ricordo tremulo di un passato da dimenticare. Il discorso è molto semplice: se è una tequila fresca e senza pretese usatela per i cocktail, se è pregiata bevetela liscia, servita a 6 gradi, soprattutto se è una tequila Tequila Extra Anejio, una buona però, non quella del discount da 5.99 la damigiana.
Quali cocktail fare con la tequila
Ottima se miscelata con succhi di frutta, con il lime, con ginger beer, peperoncino, bergamotto o cannella o in accoppiata con il triple sec. Ecco i cocktail da provare: Tequila Sunrise, Angelo di fuoco, La Fenice, Agua de Vita, Bocca di Rosa, Cocktail Sirenita, Margarita al cocomero, Devil’s Tongue al peperoncino, tequila sale e limone, tequila bum bum e chiudiamo con il classico Margarita.