Tenuta Dornach
La Tenuta Dornach, di Patrick Uccelli, è una piccola cantina biodinamica che si annida tra le colline di Salorno, nel sud dell’Alto Adige. È tutto un susseguirsi di montagne e terrazzamenti con vigne abbarbicate su pendii vertiginosi. Ogni tanto dai boschi emerge la torre di un castello o il tetto di una tipica case tirolese. L’aria è tagliente, pura, anche in estate, e guardandosi intorno poche sono le tracce dell’uomo. È la roccia a parlare. Ma a parte lo scenario idilliaco, che cosa ha di particolare questa cantina? Molto semplice: è una cantina vera che produce vini veri, il sogno di un uomo che dopo i classici studi propedeutici—diploma da perito agrario e laurea in Viticoltura ed Enologia—ha deciso che i sogni dovevano diventare realtà.
Non è facile parlare di una cantina biodinamica, c’è il pericolo che un’idea romantica di vignaiolo poeta della terra prenda il sopravvento. Si pensa che le piante debbano fare tutto da sole, una volta che l’ecosistema è stato ripristinato e la vita è tornata in una vigna depurata dai prodotti chimici-diserbanti-fertilizzanti sintetici. Le piante producono, si raccolgono i grappoli, si spreme ed ecco pronto il prodotto naturale, tanto di moda oggi. Questa visione è fin troppo ingenua, quando in realtà il vignaiolo biodinamico è prima di tutto un uomo che si ispira alla scienza dello spirito e che conseguentemente non si affida al caso.
Patrick ha scelto la biodinamica come via per produrre un vino che sia specchio del territorio. Stanco delle restrizioni dei disciplinari convenzionali, anche di quelle del biologico, decide di produrre un vino puro, senza compromessi, che sia l’impronta di quella stessa terra che calpesta ogni giorno. Non vengono utilizzati lieviti selezionati, perché forzano i profumi; non ci sono chiarifiche, aggiunte di tannini naturali, niente di niente. Nella tenuta Dornach la legge è: il vino si fa in vigna, dove si usano solo le mani, rame e zolfo per i trattamenti e i preparati biodinamici come il corno silice o il corno letame. Le vigne, allevate a guyot unilaterale, si estendono per circa tre ettari, di più Patrick non riuscirebbe a seguirne.
Voglia di sperimentare e di creare prodotti il più naturali possibili, ma che possano scardinare le regole del mondo del vino. Gusto omologato, annate tutte uguali, equilibrio a tutti i costi e a suon di lieviti. E qui si inserisce il Gewürztraminer di Patrick. Il primo vino di cui vogliamo parlare, sebbene sia solo una prova. Divertissement, ma per noi è stata una folgorazione. Durante il nostro ultimo eno-pellegrinaggio in Trentino Alto Adige, abbiamo bevuto almeno una trentina di Gewürztraminer e quello di Patrick è stato uno dei più suggestivi. Non perché fosse perfetto, anzi, era quella sua insostenibile leggerezza del non essere perfetto a stupirci, un vino che parlava, coraggioso ed era stato spremuto solo da 15-20 giorni…tuttavia già mostrava stoffa da vendere, una pulizia cristallina, spezie, polpa. C’era tutto un mondo racchiuso dentro, grazie ad una macerazione lunga, piuttosto rara da trovare nel Gewürz per via del tannino delle bucce che tanto spaventa.
Color rame, lisergico; in bocca non stava fermo un attimo, assumeva sapori cangianti: prima una freschezza quasi metallica, poi frutta con un’eco candita, il fuoco del pepe, sebbene si mantenesse sempre elegante. Il naso di una pulizia draconiana, con un accenno tropicale, boccioli a profusione, ma non si fermava al classico uno-due di rose e mughetto: era un roseto più ruvido, sfaccettato, introspettivo su cui meditare. Aspettiamo fiduciosi, ma se tutto va come deve andare sarà un grande vino. Non amiamo fare paragoni con altri vini, ma ricorda la carica eversiva della Ribolla di Radikon.
XY Pinot bianco
Al naso è avvolgente, molto fine, con un’infinità di rimandi: mandorla, biancospino, erba tagliata di fresco, un goccio di miele, anche se quello che colpisce è l’armonia con cui si mescolano le note minerali—nettissime—e il frutto, lanciato verso un’evoluzione spettacolare. In bocca è caldo, con rimandi di scorze candite, modellato da note di vaniglia, ma vibrante, freschissimo, con un finale in cui mela, melone e agrumi si perdono nelle note minerali. Per ora è molto buono, tra 3-4 anni la maturità. Da abbinare a carbonara di pesce, spätzle alla tirolese, piatti della cucina Thailandese con lemongrass, spaghetti alle vongole.
XX Pinot nero
Rubino limpido, terso. Appena avvicini il naso parte una sinfonia di terra e bosco trapuntata di fragoline sotto spirito, zenzero, lamponi, ribes. Ulteriori suggestioni di erbe alpine ad incorniciare un quadro olfattivo raffinato, ma austero, che sfuma nel tabacco. Un sottofondo minerale domina tutto il vino dall’inizio alla fine, conferendo struttura e innumerevoli sfaccettature su cui far scorrere la lingua. Dopo un paio di giorni è ancora meglio, le note erbose si sono legate all’eucalipto, alla resina di pino. La quadratura del cerchio. Grande eleganza, setoso; finale caldo e persistente, con moka, foglie e fragoline che riemergono dal bosco. Un Pinot Nero che nobiliterà ogni piatto a base di tartufo, vitello tonnato, pollo al curry, lasagne al forno, roast beef, hamburger, filetto alla Wellington.
Per informazioni sui prezzi e sulle modalità di spedizione o per prenotare la vostra degustazione nella tenuta Dornach non esitate a contattare Patrick.
[email protected]
Telefono: 338 6973946
Via Dornach 12, 39040 Salorno (Bz)
Ettari vitati: 3
Bottiglie prodotte: 4000
Enologo: Patrick Uccelli