Cognac: che cos’è, dove nasce, come si produce
Il Cognac nasce dalla doppia distillazione del vino ed è una delle bevande spiritose più sontuose ed eleganti che possiate bere.
È uno di quei virtuosi casi dove prodotto e terroir coincidono, infatti questo famoso distillato francese prende il nome della città dove è nato: Cognac, nella regione dello Charente, neanche 130 chilometri a nord di Bordeaux.
A dire il vero può essere prodotto anche nella Charente Marittima, in parte della Dordogna e delle Deux-Sèvres, ma il cuore coincide con le città di Cognac e Segonzac. Proprio dove gli Olandesi erano soliti fermarsi, dopo aver risalito il fiume Charente, per comprare sale, vino e legname. Ma il vino che compravano deperiva in fretta, mal sopportava i lunghi viaggi, siamo nel 1620 e allora andavano di moda i Claret, vini non proprio longevi. E così gli Olandesi, che già all’inizio del 1600 avevano inventato il Genever, insegnarono agli abitanti di Cognac l’arte della distillazione e così nacque il mito del Cognac.
Ma cosa ha di cosi particolare il Cognac e perché è così pregiato, amato e riverito, tanto da essere protetto da una AOC? In fondo è solo un brandy come molti altri, un gemello diverso dell’Armagnac…
Tutto concorre alla produzione e alla perfezione del Cognac: il legno delle botti dove fa affinamento viene dai vicini boschi del Limousine, le storiche cantine che hanno la giusta temperatura e un grado di umidità perfetto per aiutare il cognac a respirare, le brezze che vengono dal mare e poi c’è ancora una volta il gesso.
I terreni dove vengono piantati Ugni Blanc (il mitico Trebbiano che tanto amiamo anche in Italia), Colombard e Folle Blanche, sono prevalentemente gessosi. Sì, esatto, proprio come per i cru più prestigiosi dello Champagne e dello Sherry. È il gesso a fare la differenza, a conferire stoffa e sapore al vino base. O meglio: più gesso c’è nella terra e più elegante e maestoso il distillato diventa.
Ma i francesi amano la trasparenza e mettere i puntini sulle i e in questo caso il lavoro di classificazione dei cru è certosino, non di certo paragonabile alle doc italiane.
La zona di produzione del Cognac, i 6 cru storici
Cognac e Segonzac sono l’epicentro della finezza e la massima espressione del Cognac e si trovano nella Grande Champagne, una piccola oasi protetta, caratterizzata da un microclima perfetto. Produce i migliori Cognac, dotati di finezza unica, spessore e incredibili profumi floreali, di agrumi e note molto evolute e mature di infinita persistenza. Il terreno è caratterizzato da presenza di gesso e fossili.
La Petit Champagne: una zona semicircolare a sud di Cognac che produce ancora distillati straordinari, con punte di eccellenza che rivaleggiano con la Grande, ancora floreale e fini, ma meno persistenti.
Le Borderie: la zona più piccola, poco sopra Cognac. Produce distillati raffinati con ancora un bouquet floreale sontuoso e penetrante e chiari e distintivi richiami di frutta secca. Invecchiano molto più rapidamente delle altre e quindi anche la loro evoluzione è già avanzata quando sono imbottigliate. In questa zona potete fare ottimi acquisti, si trovano ottimi distillati di pregio, ma a prezzi molto accessibili.
Da qui in poi le regioni si allargano a macchia d’olio intorno al cuore del Cognac.
Le Fin Bois: la finezza sta scemando, sono Cognac meno pregiati ed intensi, ma la qualità è ancora discreta.
Le Bon Bois: cognac rustici dal gusto ruvido.
Le Boir Ordinaries e Communes: è l’ultimo anello, quello che arriva al mare e al La Rochelle. Come dice il nome stesso non troverete capolavori, ma distillati senza lode né infamia.
Come si fa il Cognac?
Il vino base deve essere poco alcolico, assolutamente non aromatico, con una gradazione compresa tra gli 8 e i 10 gradi e non contenere solfiti.
Le uve vengono vendemmiate con largo anticipo, in modo che abbiano una forte acidità e poi si fanno fermentare per una ventina di giorni. Ma non pensate ad un vino potabile, è una sorta di mistura acida, imbevibile e immatura che verrà poi distillata. Assomiglia molto “come base” al wort, il primo liquido di malto fermentato che si usa per distillare whisky, il procedimento è molto simile.
Come sempre la distillazione si basa sul fatto che le varie sostanze, aldeni, alcol ed eteri hanno volatilità diverse, cioè evaporano a temperature molto differenti: in francese la distillazione è chiamata chauffe.
Altro elemento fondamentale è l’alambicco charentais, fatto in rame per non alterare sapori e profumi e condurre il calore senza sbalzi.
Il vino viene messo nella caldaia, che solitamente ha una capacità di 12 ettolitri, a contatto con il fuoco, viene riscaldato e così si trasforma in vapori. Vapori che risalgono e si intrufolano nel cosiddetto collo di cigno e passano nel chauffe vin (scalda-vino) e infine nel refrigeratore, dove torna allo stato liquido.
Ma questa è solo la prima distillazione, che produce la brouillis, un liquido torbido che al massimo raggiunge i 30 gradi alcolici. Serve una seconda distillazione, la bonne chauffe, che può durare anche 12 ore. Non pensate ad un fiume di distillato, il prodotto finale scenda quasi a gocce.
Ed è durante la bonne chauffe che il distillatore sceglie come, dove e quando tagliare le teste, che sono aldeidi, anidride solforosa e alcol metilico poco piacevoli, ma che evaporano prima dell’alcol e le teste, le sostanze più pesanti. Ovviamente teste e code non si buttano, hanno ancora alcol prezioso e così vengono aggiunte alla prossima chauffe e ridistillate.
Affinamento del Cognac in botte: l’ingrediente che non si vede
Il distillato che esce dall’alambicco però non è ancora Cognac, serve la fase di affinamento in legno, che deve essere di almeno 2 anni. Il legno proviene dalle foreste del Limousine e di Tronçais. Il Cognac più pregiato si mette nel legno buono, quello meno tostato per non rovinarlo con una affumicatura eccessiva. Non è facile trovare il giusto legno, perché in un primo momento serve un legno più incisivo che rilasci tannino e colore, poi deve fare solo da contenitore per l’invecchiamento.
E considerate che il Cognac perde circa il 4% di volume in botte ogni anno, certo si affina, si arrotonda, perde alcol e le note più pungenti: è processo necessario, importante quanto la distillazione. E le cantine delle Charente sono perfette, al piano terra, dove una buona umidità crea le condizioni ottimali per la maturazione del distillato.
L’assemblaggio del Cognac
Il Cognac non ha annata, come il brandy, a parte qualche raro caso figlio di una vendemmia unica, ma stiamo parlando di eventi più unici che rari. L’età di un Cognac è data dal distillato più giovane, non si fanno medie, sarebbe pura follia e non avrebbe alcune senso.
È per questo che la fase finale di blend dei vari Cognac è fondamentale, è una ricetta nella ricetta. Il mastro cantiniere è quello che sceglie le cuvée e le modella, le miscela fino a trovare il prodotto che vuole o che ha reso la maison famosa.
L’invecchiamento del Cognac
Attenzione, l’età del Cognac è data dagli anni trascorsi nel legno, quando viene imbottigliato la sua maturazione si arresta. Quindi un Cognac di 50 anni, ne ha trascorsi 50 in legno, il periodo in bottiglia è ininfluente.
Ci sono tre classificazioni per designare il Cognac in base all’età.
Tre Stelle, V.S.(Very Special), Sélection, de Luxe: il primo step, un Cognac giovane di minimo due anni e mezzo viene tagliato con distillati più maturi di 5-10 anni (solitamente).
V.S.O.P. o Réserve: il Very Superior Old Pale è un Cognac dove il distillato più giovane ha fatto un affinamento in botte di almeno 4 anni e mezzo. E qui si inizia a fare sul serio, complessità, rotondità e sontuosità sono più evidenti.
XO o Napoleon: il Cognac più giovane ha un’età minima di 6 anni.
Hors d’âge: sono Napoleon come denominazione, tuttavia indicano prodotti particolarmente pregiati, affinati anche per 50 anni.
Medaillon, Cordon, Vielle Reserve, Centenarie e Age Inconnu designano l’età di distillati di particolare pregio.
Abbinamenti consigliati per il Cognac
Ottimo per accompagnare dolci al cucchiaio, cioccolato, torta di mele, zuppa inglese, kunefe, baklava, salame al cioccolato, ma è perfetto anche come ingrediente per aromatizzare i dolci stessi.