La Campania è una delle regioni vitivinicole italiane più vocate, in cui storia, cultura e vino si mescolano da tempo immemore, ben prima dell’arrivo dei Romani.
La virtù principale dei vini della Campania è la territorialità, i vignaioli campani hanno fatto scelte coraggiose e si sono impegnati a coltivare i grandi, grandissimi vitigni autoctoni della regione: un rosso di somma sontuosità come l’Aglianico e tre bianchi di estrema eleganza, ossia il Greco di Tufo, il Fiano e la Falanghina. Citiamo subito il quarto vitigno, quello emergente, che sta dando grandi soddisfazione, il Coda di Volpe, già citato da Plinio il Vecchio, ma che solo oggi sta emergendo dalle nebbie dell’oblio con vini sempre più convincenti.
Ma perché i vini della Campania sono così buoni?
Perché sono franchi, sinceri e sono vini che hanno bisogno di cure certosine e tanta pazienza. L’Aglianico è un vino corposo e tannico che ha bisogno di un affinamento lungo, i bianchi abbisognano di una vinificazione precisa e rispetto, soprattutto se prodotti in purezza. E poi le condizioni del territorio, particolarissime e uniche. I vini migliori sono da disciplinare prodotti in collina, alture che arrivano fino a 600 metri, con suoli vulcanici che donano sapori, profumi e profondità uniche ai vini.
Insomma in Campania non si produce Chardonnay o Merlot o tagli bordolesi. Si è ancorati al territorio e questa è una scelta ammirevole, ma che va spiegata al pubblico, i vini bisogna conoscerli, cioè farci amicizia. Se i bianchi sono sempre elegantissimi e bevibili, l’Aglianico è un vino spigoloso, complesso e tannico che ha bisogno di un abbinamento adeguato e affinamento. Non è il classico vinello da aperitivo, ma un affresco alla Caravaggio, pieno di luci e ombre.
Ma questo ci porta ad un altro discorso.
Le zone di grande interesse hanno caratteristiche opposte. La più importante e rinomata è l’Irpinia, in provincia di Avellino, una zona collinare di confine, tagliata dagli Appennini, accarezzata dai venti di due mari, dove l’escursione termica e l’altitudine creano presupposti unici per la produzione del vino.
E infatti è qui che abbiamo le tre DOCG: Taurasi per l’Aglianico, Fiano di Avellino e Greco di Tufo DOCG.
Confinante a nord, troviamo invece la zona del beneventano, il Sannio, dove spicca per eleganza l’Aglianico del Taburno, che su questi suoli fatti di marne riesce ad acquisire struttura e pregevole rotondità, per ammorbidire le spigolosità di un vitigno difficile da fare come l’Aglianico.
All’opposto troviamo i vini della costa: la costiera sorrentina e Ischia. Due gemme, piccole produzioni dove è il mare a sussussare ai vini, rendendoli sapidi e solari.
Ischia propone alcune varietà più rare come Biancolella e Forastera, e grazie a salsedine e suoli vulcanici i vini sono croccanti e di buona eleganza con profumi intensi.
Più a sud Sorrento e Amalfi offrono vini sapidi, profumati e dotati di ottima bevibilità, a base di Falnghina e Biancolella.
Ancora più a sud troviamo il Cilento, zona costiera di produzioni più ampie, ma comunque in crescita a livello qualitativo, soprattutto per quel che concerne il Fiano, il campione della zona. Se ci spostiamo più a nord invece una zona molto limitata per produzione, ma interessante per la stoffa dei vini è quella di Galluccio.
E ancora più a nord sta crescendo la zona chiamata Falerno del Massico, dal Monte Massico, dove ancora una volta sono i territori vulcanici, del vulcano Roccamonfina, a caratterizzare i vini. Non solo Aglianico e Falanghina, ma molto presente è anche il Primitivo, che sembra trovarsi perfettamente a suo agio in queste terre.
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