Pecorino Don Carlino 2020 De Fermo: vino naturale abruzzese
Il Don Carlino della cantina De Fermo non è un personaggio apocrifo del Padrino, ma uno strepitoso vino abruzzese a base Pecorino. Anzi, andiamo oltre e diciamo che il Don Carlino è uno splendido vino a cui non manca eleganza, ma soprattutto è riuscito a smarcarsi dal solito stereotipo di Pecorino magro e beverino e basta.
Ok, è un vino dall’animo combattuto tra mare e montagna, sale e acidità ti mordono la lingua; tuttavia, c’è molto altro in questa bottiglia. Va oltre, ambisce alla sostanza, alla complessità aromatica. Osa e non si ferma e ti stimola con suggestioni eleganti e immaginifiche.
È un vino di sfavillante acidità ed è proprio in questa acidità che trova la propria identità, definisce il vino. Ci sono mille sapori e sfaccettature, tutto il vino è costruito intorno a questo turbine di freschezza, è come una cornucopia.
Ma la cantina De Fermo non è una cantina biodinamica e naturale improvvisata, ma produce con coscienza e attenzione da anni. Ed è per questo che non troverete un sasso asciutto e arido in bottiglia, ma un vino ricco, polposo, dove il frutto aiuta e gioca con questa pazzesca salinità.
Come viene fatto il Pecorino Don Carlino 2020 De Fermo
È vero, il minerale nel vino spopola ed è di tendenza, ma in questo caso usiamo il termine mineralità senza paura di essere smentiti. E troverete questa caratteristica in ogni vino De Fermo, grazie all’incredibile terroir di Loreto Aprutino. Non c’è da scriverci un romanzo o lanciarsi in elogi del vino naturale. La ricetta è semplice: siamo in collina ovviamente, 270 metri sul livello del mare. I vigneti affondano le radici in terreni argillosi, ricchi di calcare. Dopo la raccolta manuale il mosto fermenta spontaneamente in cemento e legno. L’affinamento si protrae per 12 mesi in una triade di contenitori di varie dimensioni per il legno e ancora cemento. Ovviamente non viene filtrato né chiarificato. È un vino vero.
Caratteristiche organolettiche del Pecorino Don Carlino 2020 De Fermo
Prima di tutto diciamo una cosa ovvia. Dategli tempo, fatelo svegliare quando lo aprite. La riduzione c’è, ma se ne va via lasciandolo a contatto con l’ossigeno. Potete anche scaraffarlo. In ogni caso è un vino da giorno dopo, ma anche da settimana dopo, senza problemi. L’evoluzione è splendida e gioca pericolosamente e meravigliosamente con l’ossidazione.
l bouquet è una selva dove ginestre, fieno, propoli, erbe alpine e cedri canditi, sale e alghe si mescolano furibondi. Un gioco di luci e ombre pazzesco dove l’austero e il giocondo si mescolano inestricabili, come maschere in un coro. I toni sono intensi, si apre a mano a mano che passa il tempo, diventa solare e il volume aromatico diventa più solido e leggibile. C’è la roccia, una nota minerale mefistofelica, pungente, zolfigna e acuta, sdrammatizzata però da questo frutto a cui una cornice floreale fa la corte. Non è un difetto, ma una suggestione.
Al palato sono subito frustate di sale, acidità sferzante e tanta succosità, ma come detto non si limita allo stupore geologico, ma osa, anche sospinto da tenui note ossidative. Non è un vino docile, ma eleganza e finezza sono le fondamenta su cui è costruito. Si espande di petto, va per la sua strada dritto e altero, ma ti apre il palato. La stoffa si sente, si morde senza mai smettere di bere, grazie ad una compostezza esemplare. Grande persistenza, carisma etilico a non finire. Una delle gemme dell’Abruzzo.
Prezzo
18-20 euro: nella norma.
Abbinamenti consigliati
Pizza margherita, vitello tonnato, lasagne al forno, hamburger, carbonara, cacio e pepe, paella.