Corallo Argento Gallegati 2018: la recensione di un Trebbiano romagnolo salato ed elegante
Uno dei Trebbiani romagnoli che ultimamente ci è capitato sotto mano e non ha deluso è stato il Corallo Argento Gallegati 2018. Finalmente un vino pungente e scolpito, fatto in maniera impeccabile ed elegante. Non fruttatissimo o espansivo, infatti non ci troverete 345 aromi tanto cari ai bimbominkia wannabesoonsomm che stanno facendo con tanta umiltà il corso ais su instagram, ma quello che c’è dentro la bottiglia ha stoffa da vendere. Se poi consideriamo che l’annata è la 2018, avrà tempo per evolvere, tanto la consistenza per invecchiare non manca.
Quello che è lodevole di questo vino è la grande pulizia, potremmo definirla una spartanità che guarda al futuro. Punta tutto sulla concentrazione quasi piccante del sapidità, un fatto assai raro in Romagna dove siamo abituati ad un Trebbiano che rimembra più una bottiglia di mastro lindo dai profumi finti, il sapore inesistente e la veste paglierina giallo plutonio.
Ma ormai i Gallegati Brothers li conosciamo, sappiamo che sono due miti, due innovatori che hanno sempre sperimentato, lavorando per sottrazione. Sempre fuori dal coro, dalla massa di cantine che si piegano alle logiche delle grandi cantine sociali, sempre con i piedi piantati per terra e il naso nelle vasche a cercare la perfezione.
La loro crescita è stata anche esistenziale, un percorso trino tra etica, lavoro e sopravvivenza commerciale della cantina. Ma come hanno fatto?
Eliminando tutto il superfluo, gli affinamenti pesanti in legno, i lieviti selezionati e poi passando al biologico per tentare di fare un vino che sia il più puro possibile. Ma non per fare marketing o essere modaioli, ma per esaltare il prodotto del loro lavoro e di incredibili vigne in quel di Brisighella. Sì, sono tra i calanchi, dove una volta c’era quel mare che ha lasciato fossili di coralli, pesci e conchiglie.
Non lo nascondo i due fratelli Gallegati sono dei miti per me, mi hanno insegnato molto sulla cura della vigna, sulla vinificazione e ho seguito da anni il loro percorso e sono, nel mio piccolo, orgoglioso di dire che sono cresciuto con loro, ma soprattutto ispirato da loro a migliorarmi per superare i limiti di idee preconcette. Mettersi sempre in discussione, non accettare un risultato per buono solo perché ti appaga, andare oltre per alimentare e non saziare la fame di conoscenza.
Chiusa la parentesi sentimentale e passiamo al vino. Come è fatto questo Trebbiano Romagnolo?
Vendemmia a mano, pressature soffice, fermentazione e affinamento in acciaio e basta. Già da qualche anno sono certificati biologici.
Il risultato è un vino solare, affilato e pieno di energia. Tutto concentrato su profumi di agrumi e iodio. Dopo 4 anni inizia ad emergere una nota più minerale, ma questo è un vino nato per invecchiare almeno 5-6 anni. Adesso è buono, delicato e floreale, ma è una sciabolata di sale sulla lingua. Come equilibrio è ok, il sorso è dinamico, si muove perentorio e piacevole, ma il potenziale è lì, si sente e se ne avete la possibilità lasciatelo in cantina ancora qualche anno.
Essendo in Romagna, questo Trebbiano (insieme ad altri grandi vini come quelli di Babini, Ancarani, Papiano e Francesconi) rappresenta il futuro non solo stilisticamente, ma anche dal punto di vista delle sostenibilità. I Trebbiano DOC Romagna da 5-6 euro delle cantine sociali non hanno più senso, spremute di solfiti di un passato che non vogliamo più vedere.