DNA e neurodegenerazione: le proteine che modellano il genoma sotto la lente della scienza
Un team internazionale guidato dalla Delft University of Technology nei Paesi Bassi ha fatto luce su un comportamento sorprendente delle macchine molecolari che modellano il DNA: la loro capacità di cambiare direzione lungo la doppia elica, come se avessero una “retromarcia”. Pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell, lo studio potrebbe aprire nuove prospettive per comprendere meglio il legame tra queste macchine molecolari, il cancro e le malattie neurodegenerative.
Il ruolo delle proteine Smc: manutentori strutturali del DNA
Le proteine Smc (Structural Maintenance of Chromosomes) sono al centro del funzionamento di queste macchine molecolari. La loro funzione primaria è quella di modellare il DNA formando anelli che collegano diverse porzioni della doppia elica. Questo processo è cruciale per mantenere l’integrità del genoma e regolare l’attivazione dei geni in risposta a stimoli come cibo, alcol o variazioni di temperatura, spiega Roman Barth, primo autore dello studio.
Queste proteine, tuttavia, non sono programmate per sapere esattamente quali parti del DNA connettere. Invece, seguono un percorso casuale lungo la doppia elica, modellandola fino a incontrare un segnale di stop. Ma ciò che rende affascinante questa scoperta è la capacità delle proteine Smc di invertire il loro movimento, esplorando entrambi i lati del DNA.
Un cambio di marcia molecolare: la scoperta della proteina Nipbl
Grazie a tecniche avanzate di microscopia, che permettono di osservare singole proteine su molecole di DNA individuali, i ricercatori hanno osservato che le proteine Smc “tirano” il DNA in una direzione per poi invertirsi e tirarlo dall’altro lato. Cees Dekker, fisico del team, paragona questa dinamica al cambio di marcia di un’automobile:
“Con una leva del cambio manuale puoi far muovere l’auto avanti o indietro. Abbiamo persino identificato questa ‘leva del cambio’: è la subunità proteica Nipbl, che agisce all’interno del motore Smc per guidare il cambiamento di direzione”.
Questa scoperta rappresenta una svolta nella comprensione del funzionamento del DNA, aggiunge Dekker, poiché fornisce un modello più dinamico di come queste proteine interagiscano con la doppia elica.
Implicazioni cliniche: cancro, neurodegenerazione e malattie rare
Lo studio non si limita alla pura biologia molecolare, ma getta luce su potenziali applicazioni mediche. La capacità delle proteine Smc di modellare il DNA è cruciale per l’attivazione e la regolazione genica. Tuttavia, malfunzionamenti in questo processo possono portare a gravi conseguenze:
- Cancro: Un’errata regolazione dei geni può favorire la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali. Capire come le Smc cambiano direzione potrebbe aiutare a sviluppare terapie mirate per correggere queste disfunzioni.
- Malattie neurodegenerative: Patologie come l’Alzheimer e il Parkinson potrebbero essere influenzate da un malfunzionamento delle Smc durante lo sviluppo embrionale. Barth spiega:“Le malattie neurodegenerative possono derivare da geni mal regolati nelle prime fasi della gravidanza. Malattie gravi come la sindrome di Cornelia de Lange sono legate alle Smc, dove probabilmente le macchine molecolari non riescono a cambiare correttamente marcia”.
- Malattie genetiche rare: La sindrome di Cornelia de Lange, una condizione che colpisce lo sviluppo fisico e cognitivo, è un esempio di patologia direttamente connessa al malfunzionamento delle Smc. Capire questo meccanismo potrebbe portare a diagnosi precoci e interventi più efficaci.
Prospettive future: un nuovo capitolo per la biologia molecolare
La scoperta apre un nuovo campo di indagine: come correggere i malfunzionamenti delle Smc per prevenire o trattare malattie. Barth sottolinea che le Smc e il loro comportamento dinamico possono essere studiate per sviluppare terapie geniche e approcci innovativi per malattie croniche e degenerative.
Inoltre, i ricercatori mirano a esplorare il legame tra le Smc e le regioni del DNA che resistono alla ricombinazione. Queste porzioni, immuni al rimaneggiamento, probabilmente proteggono geni essenziali o prevengono anomalie cromosomiche. Approfondire questa connessione potrebbe fornire nuove informazioni su come il genoma bilancia stabilità e diversità genetica, garantendo allo stesso tempo la sopravvivenza delle cellule.