L’Export Alimentare Italiano Cresce Oltre i 53 Miliardi: Opportunità e Sfide Globali
L’export alimentare italiano ha superato i 53 miliardi di euro nel 2023, ma la concorrenza internazionale continua a crescere. I maggiori rischi provengono dai Paesi che non sono vincolati agli elevati standard europei, specialmente in termini di pesticidi e allevamenti intensivi. Tuttavia, ci sono ancora molte opportunità di espansione, in particolare nelle regioni asiatiche e in Medio Oriente.
Antonio Cellie, amministratore delegato di Fiere di Parma e co-organizzatore di Cibus con Federalimentare, sottolinea l’importanza di un monitoraggio comparato e globale per comprendere la posizione dell’Italia rispetto ad altri Paesi. Sebbene le esportazioni italiane mostrino prestazioni superiori rispetto a Francia e Germania, cresce la concorrenza da parte di Spagna e Polonia. Inoltre, il settore deve fare i conti con la concorrenza sleale dei Paesi extra-UE, dove le normative meno restrittive danno un vantaggio competitivo.
Oltre alla concorrenza sleale, il made in Italy si trova a fronteggiare un aumento della produzione di qualità negli Stati Uniti e in Europa. Ad esempio, la produzione di olio extravergine d’oliva e pomodoro biologico in California, così come le imitazioni dei prodotti caseari italiani nel Regno Unito, sono in crescita.
Nonostante tutto, il mercato estero rappresenta ancora un ampio margine di crescita. In particolare, i consumatori giapponesi e americani spendono solo 10-20 euro pro capite per prodotti alimentari italiani, molto meno dei consumatori europei. Anche Asia e Africa offrono potenziali di crescita, con spese pro capite di appena un euro. Il ritorno dei buyer asiatici a Cibus e il lavoro svolto in Medio Oriente e Nordafrica possono ampliare il raggio di esportazione.
Il Medio Oriente è uno dei mercati più promettenti, mentre gli Stati Uniti e l’Europa mostrano segnali positivi. Tuttavia, l’Italia deve affrontare barriere tariffarie e non tariffarie nei mercati extra-UE, motivo per cui è essenziale lavorare sugli accordi bilaterali.
Cellie evidenzia che l’Italia mantiene un vantaggio competitivo grazie a tre fattori chiave: la flessibilità nell’adattarsi alle esigenze locali, l’affidabilità nella consegna costante e la disponibilità di materie prime nazionali, grazie agli investimenti nell’agricoltura.