Genever o Jenever? Che cos’è, dove nasce e come si produce
Il Genever è il distillato che fin troppo spesso viene liquidato banalmente come l’antenato del gin inglese, ma in realtà è una bevanda alcolica complessa e poliedrica dai mille volti che andrebbe riscoperta. Anzi se vogliamo essere sinceri, il Gin è stato una semplificazione di un distillato molto più evoluto e raffinato.
Riducendo all’osso è vero, il Genever, chiamato anche Jenever, Geneva, Jeneva, Hollands o Holland Gin, è un distillato aromatizzato al ginepro con infusione a freddo o tramite il processo di distillazione in cui i vapori delle teste passano attraverso dei cestelli pieni di botanicals. Ma la particolarità è che il Genever è un distillato formato da due distillati ben distinti: un distillato di alcol (neutro) aromatizzato al ginepro e un whisky non invecchiato prodotto tramite tre o quattro distillazioni a partire da un mosto di cereali di malto, segale e mais che gli Olandesi chiamano moutwijn, che letteralmente significa vino di malto.
Sintetizzando il Genever è la miscela di un gin e un whisky. Detta così non sembra, ma la differenza è abissale: il Genever ha sapori molto più pieni e maltati, biscottati, di orzo e cereali e quindi la base stessa, il distillato di malto è quasi più importante dei botanicals stessi. Tanto è vero che per legge il Genever deve contenere ginepro, ma lo si usa con più parsimonia come aromatizzante, lasciando più libertà di espressione al distillato, allo spessore dei cereali. Senza contare che spesso il jenever o anche soltanto il vino di malto vengono affinati in botti di legno, anche per 12 o 15 anni.
Questo significa che potreste essere degli appassionati sfegatati di gin, ma il Genever potrebbe non piacervi. Sì, perché esistono molti stili e interpretazioni, anche sui botanicals ci sono varianti e dosi molto differenti. Nel gin il ginepro è sempre la parte predominante, nel jenever c’è chi mette più whisky e meno ginepro, c’è chi aromatizza il prodotto finito con arance o limone, ma una caratteristica peculiare del Jenever è l’assenza degli agrumi nei botanicals.
In classico stile olandese (pensate al famoso kümmel) sono le spezie e non solo il ginepro a dominare, assieme all’abbraccio più caldo del malto. Quindi sintetizzando, le differenze sostanziali tra gin e genever sono di natura gustativa, di sapori, con il gin che risulta più fresco e affilato, mentre il jenever è più sontuoso, ricco e caldo.
Ma perché complicarsi la vita e fare due distillati, vi starete chiedendo… E la spiegazione è semplice, in origine il Jenever era fatto solo con il moutwijn e poi veniva aromatizzato a piacere con ginepro e spezie: era quindi un whisky “aromatizzato”. Tuttavia, le cose cambiarono radicalmente con il miglioramento della tecnologia e l’avvento degli alambicchi industriali a colonna che potevano produrre alcol più neutro e a buon mercato. E così per ridurre i costi iniziarono a produrre alcol più neutro per tagliare il “vino di malto”, più costoso. Ma ricordate che il genever più autentico e aderente all’idea tradizionale è proprio il genever moutwijn, un nome che indica un distillato che contiene grandi percentuali di vino di malto, anche in purezza diciamo e la scarsissima quantità di ginepro e aromatizzanti.
Storia e nascita del Genever
Non dimentichiamoci che gli Olandesi furono gli eredi dei Veneziani nel commercio di droghe e spezie e fondarono prima la Compagnia delle Indie e poi migliaia di colonie in tutto il mondo, dal Sud Africa, all’America per arrivare fino alle Indie Oriente. Oriente ricche di spezie come cardamomo e coriandolo, ma già nei primi anni del 1300 sono attestate le prime prove di distillazione di vinacce da parte degli Olandesi, dei veri pionieri nell’antica arte distillatoria. In ogni caso la parola Jenever deriva dal nome botanico del ginepro: juniperus communis.
Il primo a riprendere le prove dei monaci salernitani, per fare oli curativi al ginepro, fu il leggendario Dottor Silvius, nome d’arte di Franciscus De La Boe, il quale nel 1600 mise a punto la ricetta per fare il primo genever della storia, un medicinale, un tonico usato per alleviare sofferenze e dare ristoro. Da studioso di medicina e fisica Silvius conosceva perfettamente le proprietà curative dell’olio essenziale del ginepro, per cui mise in infusione delle bacche in alcol prodotto tramite la distillazione di cereali come malto e grano e poi lo distillò ancora per concentrarlo.
Ne ottenne una bevanda corroborante che ebbe un immediato successo tra i marinai e i soldati, i quali lo consideravano un tonico medicamentoso. Essendo intensi gli scambi commerciali tra Olanda e Inghilterra non passò molto tempo che i marinai inglesi adottarono questa bevanda, facendone il loro distillato nazionale. Certo gli Inglesi partirono subito a distillare grano per la base alcolica e aggiunsero altri botanicals (agrumi, fiori ed erbe di cui l’Inghilterra è ricchissima) per rendere più intenso il distillato e compensare la perdita di sapori dovuti al malto. E così da Genever, diventò Geneva e poi soltanto Gin.
Botanicals del Genever
Una differenza sostanziale tra i botanicals del gin e del genever è che nel distillato olandese non troviamo tutti quei fiori, ma neanche le bucce di agrumi. I botanicals classici sono liquirizia, coriandolo, angelica, cumino dei prati, iris.
Caratteristiche organolettiche del Genever e classificazione
Difficile tracciare un profilo, varia tantissimo, soprattutto per via delle quantità di malto presenti. Una regola empirica per capire il Genever è molto semplice però: più malto c’è e più il distillato è pregiato, maltato e saporito come sapore e quindi meno aromatizzato. Non siamo ai livelli degli Scotch whisky Single Malt dello Speyside, ma c’è molta attenzione e spesso questi distillati affinano anche per molti anni. Ma vediamo come è classificato per capire meglio le tipologie, come usarle e come sono prodotte.
Genever è la dicitura più ampia e semplice e designa un distillato che ha una gradazione minima di 30 gradi. Meglio lasciar perdere, prendiamo in considerazione un distillato che sia jonge (giovane) o oude (vecchio).
Jonge genever: ricadono in questa categoria molti distillati economici e industriali per cui è la macro categoria più grossa del mercato. Ci sono dei jenever bianchi e praticamente insapori nati per essere simili alla vodka. La quantità di moutwijn è scarsa, ma per legge devono contenere almeno l’1,5% di moutwijn. Si usano solitamente per fare cocktail, da bere lisci non sono dei capolavori, se proprio volete serviteli a bassa temperatura, tipo vodka, 4 gradi centigradi.
Oude genever: il termine vecchio è ingannevole, non significa che sia invecchiato, ma è più alla vecchia maniera. In ogni caso la quantità di moutwijn è del 15% almeno e anche i botanicals variano molto. Il gusto è più complesso e avvolgente, i cereali si percepiscono e la complessità aumenta. Dire che sapore abbia è impossibile, ma almeno avete capito la categoria del prodotto: c’è chi ci mette iris e liquirizia e poco ginepro e chi lo fa speziato e più dolce. Può essere affinato in legno ed è specificato sull’etichetta, ma in botti di capacità non superiore ai 700 litri, se è invecchiato troverete la dicitura: gerijpt genever. 20 grammi per litro di zucchero al massimo, il gusto è più morbido rispetto ai giovani.
I Moutwijn sono i jenever di una volta, prodotti partendo da grandi quantità di vino di malto, anche fino a produrli con solo whiskey, senza neanche usare botanicals. Dopo tutto quando c’è il malto non serve aggiungere aromatizzanti. Il gusto è molto diverso, pulito, caldo, avvolgente e pieno di rimandi maturi, speziati e biscottati. Assomiglia, anzi è un whisky, quindi non usatelo per fare cocktail, ma degustatelo a 20 gradi come in Single malt, un rye o un Bourbon o un Irish whiskey.
Finiamo con il Korenwijn, atipico e che non è teoricamente un genever, anche se è molto spesso una bevanda prodotta con cura artigianale. Deve contenere il 51% di vino di malto e 20 grammi di zucchero per litro e avere almeno 38 gradi alcolici. I botanicals possono essere presenti, ma non è necessario e spesso sono appena accennati.
Se trovate scritto graanjenever sulle bottiglie è una piccola sicurezza in più, significa che l’alcol usato per fare il distillato di ginepro proviene da distillazione di soli cereali e non patate o tuberi o rape.
Come servire il jenever
In piccoli calici simili a quelli della grappa. Se è un distillato giovane servitelo ghiacciato, mescolato a tonica o vermouth se volete usarlo come gin. Se il distillato è più strutturato e complesso servitelo come un whisky, a 16 gradi, senza ghiaccio. Oppure potete usarlo per fare il Negroni con bitter e vermut.