Spèrgle Il Farneto: Make Spergola Great Again!
Se volete scoprire la bontà di un vitigno nobile, ma pressoché sconosciuto, dell’Emilia Romagna, assaggiate lo Spèrgle della cantina il Farneto. Non è il solito vinello blando e tagliente come una limonata, ma un piccolo, grande orange wine prodotto secondo la filosofia biodinamica, nell’altopiano del Farneto, tra le ridenti colline di Scandiano e Canosa.
Freschezza, eleganza e bevibilità tornano ad avere significato e una dimensione umana, anche per un vitigno che fino ad oggi è stato snobbato o al massimo usato come uva da taglio per la sua impressionante acidità oppure vinificato come vino frizzante.
Non è infatti un vino impostato o finto o stravolto dalla lavorazione in cantina, ma uno splendido succo d’uva fermentato. Certo, l’attenzione sia in campo che in cantina è evidente, ma non ci sono forzature: lavorare in maniera sostenibile e rispettosa del vitigno non significa lavorare in modo elementare o lasciare che il vino si faccia da solo, ma soltanto rispettarlo sia nella forma che nei tempi.
Come viene prodotto
Spergola in purezza proveniente da un piccolo appezzamento di 2 ettari. Il vino non è filtrato né chiarificato, i lieviti sono quelli presenti sulle uve e in cantina e non viene aggiunto alcun ingrediente. Non è un orange wine ambrato e tannico: la macaerazione è breve, ma dura quel tanto che basta per dare più corpo e un vago ricordo tannico al vino.
Fa la malolattica, fattore importante che aiuta a sminuire l’effetto limonata taglialingua. Ma ormai lo abbiamo capito che la malolattica non deve fare più paura nei bianchi.
Il risultato è un vino dallo splendido profilo, non si nasconde, ma non ti illude neanche con false promesse. Questo è tutto un altro mondo, dal bianco e nero si passa al tecnicolor di Susanna Messaggio sui pattini in Fast Food.
Caratteristiche organolettiche
La sua pienezza, la rotondtià delle sensazioni e del frutto, gli strati di sapore sono incredibili e confortanti. Ma non pensate ad un vino barocco o stanco, ma ad un vino polposo, dalla carica elettrizzante, pieno di energia e profondità, verticale nello sviluppo come una arcobaleno di gusto.
Il bouquet è tutto giocato sul colore giallo, in stile foliage autunnale. Si parte con limoni e marmellata di cerdi in spuma di melone, per arrivare fino al mango, alle mele cotte, alle nespole e infine ancora più sù, per esplorare le profondità di una costellazione di banana bread all’avena immersi nel miele. Il tono è penetrante, i profumi sono squillanti e disegnati con grande eleganza e si susseguono incalzanti, inframezzati da rocce, gelsomino, tè nero e salvia.
Al palato è saporito, molto fresco, ma confortato da un frutto che riscalda e arrotonda il sorso.
La sapidità si mescola agli agrumi e ai sapori più caldi e ad un tannino lievissimo, poi finale floreale con un delicato sapore di mandorla e sciroppo d’acero.
L’equilibrio è ottimo, pura tensione gustativa, una struttura in perenne contrasto tra i suoi elementi, ma credibile.
Compatto e siderale, consideratelo un concentrato di precisione e succo, anche se ha una bevibilità rara da trovare, anche per gli orange più scaltri.
L’idea della rinascita della Spergola ci esalta, come la crescita di questa costellazione di piccole cantine artigianali o contadine, o bouquet winery, chiamatele come volete. Ma sta di fatto che il movimento naturale sta ribaltando gli assiomi stantii del vino industriale emiliano, non solo per i frizzanti, portando più consapevolezza sia per vignaioli che per i consumatori e un desiderio di vini potabili, di carattere e in tre dimensioni.
Nota finale sulla macerazione sulle bucce, ormai croce e delizia dei vini naturali: è omologazione solo se il vino non lo sai fare.
Se fatta con criterio e non per saltare sul treno modaiolo degli organe è una risorso preziosa, come dimostra questo vino che si eleva e rende irriconoscibile un vitigno considerato fino a pochi anni fa il Sauvignon Blanc dei poveri.