Distina Grappa di Ortrugo 2017: la recensione di un distillato eccezionale
La Grappa di Ortrugo 2017 della cantina Distina è una delle esperienze più immaginifiche ed appaganti che abbiamo fatto ultimamente. Assaggiare un distillato vero, profumato, così pieno di sapori delicati e soprattutto così credibile è una gioia. Significa che esistono produttori che studiano, viaggiano, imparano dai migliori, ossia Vittorio Capovilla, e poi provano a creare qualcosa di bello.
L’incontro con Claudio Campaner è stato folgorante. Ok, conoscevamo i vini super naturali della cantina Distina, Ortrugo, rifermentati coraggiosi e sfavillanti che non hanno paura di nulla, tutto buono, ma la grappa è stata un fulmine a ciel sereno.
Come viene prodotta
Le vinacce sono della casa e sono il risultato di una coltivazione biologica vera che non prevede l’uso di pesticidi, diserbanti o sostanze chimiche. Una materia sana è il primo passo per produrre ottimi distillati. Il secondo è la delicatezza della distillazione che avviene in un alambicco di rame discontinuo alimentato a bagnomaria. E questo è il secondo requisito per fare distillati veri e artigianali e non della brodaglia sterilizzata ad alte temperature.
Il processo è lento, impiega anche un giorno intero, uno stillicidio lentissimo, ma il risultato è incredibile. Queste gocce di poesia quando si condensano finiscono in acciaio a riposare per un 12 mesi, a grado pieno.
Caratteristiche organolettiche
Il risultato è una grappa delicata e pungente, affilata, tutta giocata su profumi fruttati, mentolati, balsamici e floreali. Non c’è prepotenza, ma soltanto cristallina eleganza. Le note eteree sono fini, penetranti, ma non aspettatevi le solite bombe di smalto a cui siete abituati. Questa grappa parla il linguaggio degli angeli, canta al naso melodie bucoliche. Canfora, menta, ciliegie sotto spirito, rocce e finale di uva spina.
Al palato ha grinta, la struttura è buona, la freschezza sa di zenzero e arancia, ma si muove con grazia, non brucia e le punte piccanti di pepe non mordono il palato. La morbidezza è stupefacente, nonostante i 43 gradi.
Sarà perché è stata la prima o forse la sorpresa, ma questa grappa di Ortrugo, un vitigno umile che spesso ricade nella categoria dei frizzantini da raduno alpino, ci è parsa la migliore di tutta la batteria delle grappe Distina. Certo, quella di Malvasia di Candia Aromatica era splendida per volume e slancio aromatico, ma questa è parsa più raccolta e discreta, meno vocale, ma più originale nello sviluppo, dotata di una finezza introspettiva che trovava una completezza appagante nella propria semplicità.
Finalmente Capovilla sta facendo proseliti e speriamo che ci sia una rivoluzione qualitativa della sonnacchiosa grappa, purtroppo ancora oggi rappresentata da colossi industriali che distillano anche.
Contraddicendo la logica industriale della grappa, Distina ci dimostra che la grappa non si fa dagli scarti, ma da una materia prima eccezionale, basta soltanto ribaltare questo assunto e ci sarà un cambiamento. Ma anche il pubblico va educato e dovrebbe scoprire queste perle e non pensare che la grappa sia mero alcol da tracanno venduto a due spiccioli.
Pensate questo adesso e rabbrividite. La distilleria Distina per fare 5 litri di grappa deve distillare 100 chili di vinacce e la bottiglia da mezzo litro viene venduta a 30-35 euro.
La rinomata distilleria Valdoglio SPA con sede a Roccafranca, provincia di Brescia, vende un bottiglia da 2 litri di GRAPPA VENETA Podere Bosco (che sa di acquaragia), alla cifra di 16 euro. Fate due conti e pensate al vostro fegato la prossima volta. La grappa veneta ha 40 gradi, il minimo sindacale.
Ancora una volta è il caso di ripensare queste logiche produttive e consumistiche: produrre meno, bere ancora di meno, ma molto meglio.