Via Vai ristorante di Dozza: la recensione
Il ristorante Via Vai di Dozza è uno di quei locali da sbocciati come funghi in collina nel corso degli ultimi anni, il classico posto dove potete mangiare una solida (solita) cucina romagnola senza fronzoli.
Non è un ristorante malvagio, i piatti sono più che discreti, e se considerate che il parco intorno al ristorante è molto bello e rinfrescante in estate, allora il punteggio aumenta molto, ma non aspettatevi grandi voli pindarici. Non è un fatto di mancanza di qualità, ma di personalità e precisione.
Il menu del ristorante Via Vai
Partiamo dagli antipasti, il piatto forte della casa. I taglieri con affettati e piada fritta o crescentine sono buoni, abbondanti, ma prevedibili e non particolarmente ispirati. Le crescentine sono gonfie e saporite al punto giusto, non unte e servite perfettamente roventi. Da applausi.
I salumi sono ok, ma non c’è una grande ricerca. Il salame poi era appena edibile, morbido, molliccio e non stagionato, roba quasi da Sogegross in sconto da mille e una notte.
Come pietanza da battaglia vanno benissimo, ma se non ti sbatti a cercare qualche prodotto locale allora vado a fare la spesa da solo. La cosa pazzesca è che rovinano una crescentina perfetta con un salume non all’altezza. Un paio d’ore di sbattimento per cercare un paio di fornitori di fiducia e da 6 passeremmo ad un 9 tondo tondo, per dirla brutalmente.
La polenta fritta con squacquerone è accettabile, croccante, ma anche troppo e i bastoncini sembrano Pringles pressate. Magari dei pezzi meno finger food e un po’ più ampi avrebbero evitato l’effetto secchezza del Sahara.
I primi piatti sono abbastanza buoni: ovviamente non si esce dal seminato e tutto è già stato visto. Le taglitelle paglia e fieno con prosciutto e scalogno sono gustose e semplici: fantastiche.
I tortelli con ripieno di burrata, acciughe e pomodorini sono l’unico piatto che osa e alla fine delude alla grande. La pasta con burrata è sfiziosa e anche l’idea è buona, ma la realizzazione è goffa. Un mestolo di pesto e i 7 pomodorini buttati lì sul piatto, interi e senza arte né parte fanno soltanto ridere.
Due acciughe sparute nuotano sopra il piatto, ma sono salate e anche se le mangiate con il tutto il resto non servono a niente se non a piallare il palato. Piatto sconclusionato e privo di equilibrio. La presentazione è da ristorante anni 80 a Capodanno con Umberto Smaila alla pianola. Peccato, i tortelli erano accettabili.
Le tagliatelle al ragu si salvano, ben fatte, ma queste non si possono sbagliare, con le sfogline di Dozza a 500 metri di distanza, ci mancherebbe. Il ragù era un po’ secco, servito neanche a temperatura calda, ma nel complesso si mangiavano ben volentieri. Anche qui la mancanza di cura, ha fatto perdere splendore al piatto.
Passiamo ai secondi piatti. La grigliata di maiale era ben assortita, cotta a puntino, ma dal gusto blando. Molto sale a coprire l’anonimato.
Servizio e coperto
Il servizio è veloce e frenetico, ma puntuale. Tutto è andato liscio, senza intoppi. Non ci sono argenterie da San Domenico o tovaglie di broccato di Fiandra, ma tovaglie e tovaglioli
Il conto
Nella norma, prezzi calibrati e non troppo esosi. I tortelli especial con burrata e alici erano da dimenticare ed erano i più cari.
La carta dei vini
Si concentra sui vini locali, con molte cantine di Dozza e Imola e la loro proposta. Sangiovese, Barbera frizzante, Pignoletto e Albana. Non ci sono sorprese. Il resto della selezione della carta è una miscellanea che spazia su tutta la penisola italiana, senza scendere in profondità. Non c’è un filo rosso a condurre la scelta, se non la noia e la prevedibilità. Nessun piccolo produttore artigianale, nessun naturale-biodinamico, ma solo bottiglie commerciali. Migliorabile, anche se chi viene a mangiare in questo posto ordina, giustamente, vini locali. Con un piccolo sforzo si possono fare grandi passi.
Sintetizzando è un ristorante dove si mangia discretamente e ve lo consigliamo, soprattutto grazie alla splendida posizione in mezzo al verde e al giardino dove potete far scorazzare i vostri pargoli. Rovina l’esperienza una certa mancanza di cura per i dettagli e un approccio grossolano alla cucina, ma la sostanza è buona. Come detto più volte, basterebbe un pochino di personalità e coraggio in più per rendere il posto ottimo.