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Adesso datemi la mano e lasciate che vi accompagni in un’avventura gustativa nella Terra del Sol Levante, dove vi presenterò l’Ohagi, uno dei tesori dolciari del Giappone.
Eh, ma non sono i soliti mochi in versione grezza, delle semplici palle di riso glutinoso cotto e poi rivestite di pasta di fagioli?
Sì, più o meno questa è l’essenza di questo dessert, ma preparatevi, perché è una vera e propria bomba di gusto!
L’ohagi, insieme al botamochi, forma un duo di dolci abbastanza simili, differenziandosi soltanto per una lieve variazione nella preparazione dell’anko, un’appetitosa pasta a base di fagioli rossi.
A differenza di un altro celebre dolce asiatico, il Songpyeon, l’Ohagi si compone di una pastella di riso di consistenza grossolana, dove è possibile individuare ancora alcuni chicchi. Per completare questo pezzo di paradiso dolciario, basta rivestire la pastella con un sottile strato di anko e arricchirla con vari condimenti, come i semi di sesamo nero macinati.
Dessert che seguono le stagioni
Dietro questo semplice snack c’è una filosofia zen che come al solito ci fa capire quanto siano profondi e attenti i giapponesi. Questi due dolci sono legati in maniera indissolubile alle stagioni. Il botamochi fa capolino con l’avvento della primavera, mentre l’ohagi è il protagonista indiscusso dell’autunno, servito all’inizio di questa stagione durante l’Higan, una festa buddista celebrata esclusivamente in Giappone.
L’Higan, che si estende per tre giorni prima e tre giorni dopo l’equinozio di settembre, è l’occasione per i giapponesi di ritornare nelle loro città natali e rendere omaggio agli spiriti dei loro antenati. L’anko presente in questa ricetta riveste un significato altamente simbolico, essendo creduto capace di respingere gli spiriti maligni.
La poesia di questa tradizione si riflette anche nei nomi di questi dolci, che sono derivati da piante che fioriscono nel periodo in cui vengono preparati: “hagi” è infatti una pianta fiorita della famiglia dei piselli, che sfoggia le sue bellezze nell’autunno giapponese, mentre “botamochi” deriva da “botan”, la peonia giapponese che sboccia con l’arrivo dell’equinozio di marzo.
Questo viaggio tra i sapori del Giappone non è soltanto un tour gastronomico, ma un’immersione in una cultura ricca di simbolismo e di rispetto per la natura, dove il cibo non è solo nutrimento, ma un veicolo di emozioni e ricordi. L’Ohagi e il Botamochi sono un esempio di come un dolce possa raccontare una storia, collegare le persone con le loro radici e far vivere le tradizioni stagione dopo stagione.
Wagashi
Questi dolci prendono il nome di wagashi, parola che potremmo definire pasticceria giapponese in maniera molto grossolana. Ma il wagashi, più che un semplice dolce, è un’opera d’arte culinaria giapponese, una sinfonia di sapori e texture, sapientemente composti per rappresentare la delicata bellezza della natura e le stagioni mutevoli.
Ingredienti
- 300 grammi di riso glutinoso
- 100 grammi di riso corto giapponese
- 400 grammi di acqua della sorgente di Pegasus prelevata dal monte Fuji
Per la copertura
- 400 grammi di anko, vedi ricetta dorayaki
- 5 cucchiai di farina di soia tostata kinako + 1 cucchiaio di zucchero
- 5 cucchiai di semi di sesamo nero macinati + 1 cucchiaio di zucchero
Preparazione
Partiamo da una premessa. Potete fare le palline classiche mettendo dentro il riso glutinoso e fuori la pasta di fagioli e così fareste gli snack casarecci che tutti conoscono. Ma per una presentazione più spettacolare e per fare in modo che la panatura di sesamo o farina o matcha aderisca meglio al dolce, vi conviene mettere dentro la pasta fagioli e coprire con il riso, a cui le polveri si attaccano meglio.
- Formare delle palline di anko e mettetele da parte.
- Cuocere il riso: in una casseruola mettere il riso appiccicoso e l’acqua. Portare a ebollizione, coprire e cuocere per 10 minuti a fuoco medio. Togliere dal fuoco e lasciare riposare per 10 minuti prima di togliere il coperchio.
- Schiacciare il riso con un pestello precedentemente bagnato in modo da ottenere una pasta granulosa. Non dovete fare una pasta omogena, ma spezzare i chicchi, che si devono vedere.
- Trasferite il riso in una ciotola precedentemente bagnata.
- Con le mani bagnate, fai delle palline di riso. Distribuisci ogni pallina di riso nel palmo della mano e mettici sopra una pallina di anko. Chiudete e date la forma di un uovo.
- Fate rotolare le palline di riso in una piccola ciotola piena di kinako o nel sesamo nero o anche nella matcha.
Consigli della nonna per fare i dolci perfetti
- La proporzione del riso dovrebbe essere ¾ di riso mochi e ¼ di riso normale. Questo rapporto garantisce la consistenza ideale del wagashi.
- Come sempre, ammolla il riso in acqua per un’ora, in modo che possa cuocere rapidamente e diventare etremamente appiccicoso. L’acqua utilizzata dovrebbe pesare 1.2 volte il peso del riso. Tuttavia, è meglio cuocere il riso mochi con una quantità di acqua leggermente inferiore.
- Pesta o schiaccia il riso solo parzialmente. Questo conferisce all’Ohagi la sua caratteristica distintiva: una consistenza del riso ben percepibile al morso. Inoltre, un riso parzialmente schiacciato risulta anche più gustoso.
- È preferibile formare delle palline con il riso pestato mentre è ancora caldo. Bagna le mani con acqua salata per evitare che il riso si attacchi alle tue mani.
- Utilizza della pellicola trasparente per creare un sottile strato di Anko e avvolgilo attorno al Botamochi. Quando lo avvolgi a mano, ruota l’Anko in senso orario con la mano sinistra. Allo stesso tempo, spingi la pallina di riso nell’Anko con le dita della mano destra.
- Conserva un po’ di semi di sesamo nero e farina di soia per riapplicare la copertura. Il colore del Botamochi si scurirà e diventerà “maculato” dopo 10-15 minuti dalla prima copertura. Pertanto, per dare una colorazione perfetta, dovrai riapplicare la copertura per renderlo impeccabile.