Capocollo: il re dei salumi del Sud, tra Calabria, Puglia, Basilicata e Campania
Parlare di capocollo vuol dire fare un viaggio nel Sud più autentico, tra colline, ulivi, maiali neri allevati all’aperto e piccoli paesi dove la stagionatura si tramanda come un segreto di famiglia. Questo salume, ottenuto dal tratto più nobile della schiena del maiale, rappresenta la quintessenza della lavorazione tradizionale italiana: intenso, profumato, variegato per spezie e tecniche da regione a regione, il capocollo è sinonimo di convivialità, tavolate di festa, antipasti ricchi, ma anche di merende d’altri tempi e orgoglio contadino.
The Basics
Nome: Capocollo (o coppa, secondo la zona)
Categoria: salume crudo stagionato
Origine: Sud Italia, soprattutto Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia
Materia prima: muscolo cervicale del maiale (tra collo e lombo)
Peso a fine stagionatura: 1,5–2,5 kg
Stagionatura: da 60 a 180 giorni
Spezie: sale, pepe nero, vino, talvolta peperoncino, erbe, finocchietto
Colore: rosso vivo, venature di grasso bianco
Marchi: DOP (Capocollo di Calabria), IGP (Capocollo di Martina Franca)
Prezzo medio: 22–35 €/kg
Produttori: decine tra piccoli artigiani e salumifici storici
Storia, tradizione e origini
Le radici del capocollo affondano nei secoli della ruralità italiana, quando niente del maiale veniva sprecato e ogni taglio aveva la sua celebrazione stagionale. Nel Sud, il muscolo cervicale era considerato uno dei tagli più pregiati: ricco, venato, morbido e saporito, perfetto per affrontare lunghi periodi di stagionatura grazie al giusto bilanciamento tra parte magra e grassa. Già citato nei trattati di cucina ottocenteschi, il capocollo nasceva come premio della “matanza”, la macellazione annuale che radunava le famiglie nei mesi freddi.
In Calabria si è affinato il procedimento più celebre: carne massaggiata con sale e spezie locali, aromatizzata con vino rosso robusto, avvolta nel budello naturale e legata a mano. Il clima ventilato delle colline joniche e tirreniche garantisce una stagionatura lenta e uniforme, mentre l’uso generoso di pepe nero, talvolta peperoncino o finocchietto selvatico, dona un profilo aromatico riconoscibile tra mille.
In Puglia, il Capocollo di Martina Franca si distingue per l’affumicatura con corteccia di fragno e il passaggio nel vino bianco locale; in Basilicata e Campania, ogni paese ha la sua ricetta e ogni norcino il suo segreto, tra vino, aglio, pepe, aromi di macchia e lunghi mesi di attesa in cantina.
Metodo di produzione
Tutto comincia dal muscolo cervicale del maiale, che viene accuratamente rifilato, privato delle parti più fibrose e grassi in eccesso. Dopo la concia iniziale con sale e aromi, il taglio riposa alcuni giorni in cella frigorifera, dove assorbe gradualmente le spezie.
Segue la fase di massaggio, fondamentale per uniformare sapore e permettere una penetrazione profonda degli aromi. In Calabria si usa spesso vino rosso robusto, mentre altrove si predilige il bianco o aromi come finocchietto e pepe. Il capocollo viene poi insaccato in budello naturale di suino, legato stretto con spago e forato per favorire la traspirazione.
La stagionatura varia a seconda del clima: dai 60 giorni (prodotti freschi) fino a oltre 180 giorni per versioni più asciutte e intense. In alcune zone si pratica una leggera affumicatura per aggiungere complessità. Il risultato finale è un salume di grande equilibrio, con parte magra compatta e venature di grasso candido che scioglie in bocca, profumo intenso di spezie, sentori vinosi e leggera dolcezza.
Caratteristiche organolettiche
Il capocollo si riconosce subito per il colore vivo, le striature bianche e la compattezza al taglio. Al naso sprigiona aromi di pepe, erbe mediterranee, vino, talvolta affumicato, con una nota dolce e persistente. Al palato è tenero, succulento, mai asciutto, con la parte grassa che si fonde con il magro lasciando una sensazione morbida e persistente. Il gusto varia: più pepato e robusto in Calabria, più dolce e aromatico in Puglia, più delicato e speziato in Basilicata e Campania.
Provenienza della carne
La qualità del capocollo dipende molto dalla carne di partenza. I migliori artigiani selezionano suini pesanti italiani, spesso di razza locale o incrociati con Large White, Landrace e Duroc. In Calabria e Puglia, alcuni produttori usano maiali neri autoctoni, allevati all’aperto e nutriti a ghiande, mais, cereali. La filiera corta garantisce freschezza e rispetto delle tradizioni, anche se nelle produzioni più industriali vengono utilizzate carni nazionali o europee selezionate per magrezza e morbidezza.
Valori nutrizionali
Il capocollo è più ricco di grassi rispetto a salumi come la bresaola, ma offre un profilo proteico importante (tra 18 e 22 g di proteine per 100 g). A livello energetico, 100 g forniscono circa 380 kcal, con 32 g di grassi (di cui 12 saturi), pochissimi zuccheri, tanto ferro e vitamine del gruppo B. Nonostante la presenza di grasso, la componente monounsatura e il sapore pieno lo rendono perfetto per chi cerca gusto e tradizione senza compromessi.
Come si mangia e usi in cucina
Tradizione vuole che il capocollo venga tagliato a fette sottilissime e gustato puro, con pane casereccio, olio nuovo, vino rosso locale. In Calabria e Puglia è la star degli antipasti misti, accanto a pecorini, caciocavalli, olive e taralli. Da provare nei panini rustici con formaggi freschi, oppure abbinato a fichi, agrumi, miele o cipolla caramellata. È perfetto anche nei piatti caldi: su pizze bianche, focacce, oppure appena scottato in padella e servito su purè di patate o uova al tegamino. In cucina creativa, si usa per avvolgere filetti di pesce o carne, o come base per ripieni gourmet.
Abbinamenti vino
Il capocollo ama i rossi robusti e di carattere: per il Capocollo di Calabria, punta su un Cirò Rosso Classico Superiore di Cataldo Calabretta o un Magliocco “Vigna Savuco” di Tenuta del Castello; in Puglia, scegli un Primitivo di Gioia del Colle DOC di Fatalone o un Negroamaro “Califfo” di Schola Sarmenti. Ottimi anche rosati importanti e, se vuoi osare, uno spumante rosé metodo classico da piccolo produttore del Sud.
Prezzi e produttori consigliati
Il prezzo varia tra i 22 e i 35 euro al chilo, secondo zona, razza suina e metodo.
Otto produttori che valgono il viaggio (e l’acquisto):
- Capocollo di Calabria DOP: San Vincenzo, Pietro Cirianni, Salumificio Villani
- Capocollo di Martina Franca IGP: Salumificio Santoro, Alberobello, Cisternino
- Capocollo Lucano: Salumificio Montanari
- Capocollo Campano: Salumificio Sorrentino
- Capocollo Siciliano: Salumificio Russo
Curiosità
Il capocollo viene spesso chiamato “coppa” in Emilia e Lombardia, ma il metodo, le spezie e i tempi di stagionatura cambiano radicalmente. In molte famiglie del Sud si conserva ancora sott’olio, avvolto in carta oleata e lasciato in dispensa per mesi. Il Capocollo di Calabria ha ottenuto la DOP nel 1998; quello di Martina Franca l’IGP nel 2010. Esistono varianti anche in Sardegna e in Molise, spesso arricchite da mirto, vino cotto o erbe spontanee.