Vini dealcolati: il solito pasticcio all’italiana che rischia di affossare il nuovo business
Il mondo del vino italiano guarda con preoccupazione alla bozza del decreto accise proposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), che potrebbe aprire la strada alla produzione di vini dealcolati in Italia, previa autorizzazione da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Secondo quanto previsto dall’articolo 33-ter, i produttori di vino che operano in regime di deposito fiscale potrebbero essere autorizzati a ridurre il contenuto alcolico dei propri vini. L’alcol etilico ottenuto dalla dealcolazione dovrebbe essere raccolto in un recipiente sigillato sotto il controllo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e sottoposto ad accisa.
Tuttavia, il segretario generale di Unione Italiana Vini (UIV), Paolo Castelletti, critica aspramente il provvedimento. Secondo Castelletti, le limitazioni produttive e il pesante carico burocratico imposti dal decreto scoraggerebbero gli investimenti delle cantine in questo settore emergente. “Questa norma farà finire sul nascere la filiera italiana dei vini dealcolati, rendendo impossibile per le aziende investire in questo innovativo business”, afferma Castelletti.
Inoltre, Castelletti sottolinea che il MEF non otterrebbe alcun beneficio fiscale da queste misure, in quanto la mancanza di nuovi investimenti andrebbe a compromettere la competitività del vino italiano a livello internazionale. “Ci sentiamo presi in giro, giacché stavamo aspettando una misura da parte del Ministero dell’Agricoltura, nato da una collaborazione di intenti da parte di produttori e istituzioni, che avrebbe escluso i vini dealcolati dal sistema delle accise, limitandosi a consentirli solo per i vini generici e non per quelli a denominazione di origine protetta (DOP) o indicazione geografica tipica (IGT). Ora l’unica speranza è che il Ministero dell’Agricoltura riesca a trovare un punto d’accordo con il MEF”.
Il contesto europeo e le difficoltà italiane
Il tema del vino dealcolato sta diventando sempre più rilevante in tutta Europa, soprattutto alla luce dell’interesse crescente verso i prodotti a basso contenuto di alcol o privi di alcol, che rispondono alla domanda di un pubblico sempre più attento alla salute. Diversi Paesi europei, tra cui Francia e Germania, hanno già avviato normative più favorevoli per la produzione di vini dealcolati, permettendo alle cantine di entrare in un mercato in espansione senza eccessivi oneri burocratici.
In questo contesto, la posizione italiana sembra essere particolarmente sfavorevole. Il decreto accise proposto potrebbe infatti creare ulteriori barriere per i produttori italiani, che rischiano di perdere terreno rispetto ai competitor europei. Secondo alcuni esperti del settore, la mancanza di un quadro normativo chiaro e favorevole potrebbe ridurre l’attrattività dell’Italia come produttore di vini dealcolati, lasciando spazio ai produttori esteri di prendere il sopravvento in questo segmento di mercato in forte crescita.
Innovazione e sostenibilità a rischio
La dealcolazione del vino è un processo innovativo che potrebbe rappresentare una nuova opportunità per i produttori italiani, sia dal punto di vista commerciale che ambientale. Infatti, il vino dealcolato potrebbe diventare una scelta interessante per un pubblico più ampio, compresi coloro che preferiscono evitare il consumo di alcol per motivi di salute o di stile di vita. Inoltre, alcune aziende vedono la dealcolazione come un modo per ridurre gli sprechi e valorizzare l’intero processo di vinificazione.
Ma il carico burocratico e le restrizioni imposte rischiano di spegnere sul nascere queste potenzialità. “L’innovazione è una leva fondamentale per la sostenibilità del settore vitivinicolo italiano,” conclude Castelletti. “Speriamo che le istituzioni possano correggere il tiro e adottare un approccio che favorisca, piuttosto che ostacolare, lo sviluppo di nuove opportunità per i nostri produttori”.