Prodotti Plant Based: Tra Tradizione e Innovazione, il Dilemma della Denominazione
L’industria alimentare plant based, in forte espansione (+10% nel 2021), si trova ora di fronte a un ostacolo legislativo di non poco conto. L’approvazione di una norma, avvenuta ieri in Senato, che vieta l’uso di termini legati tradizionalmente al mondo della carne, della pescheria e della salumeria per i prodotti plant based, suscita forte preoccupazione tra i produttori.
Al centro del dibattito, c’è il gruppo di prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food, che include aziende leader come Findus, e che ha raggiunto un fatturato di circa 500 milioni di euro nel 2022. La loro preoccupazione principale riguarda la possibile confusione per i consumatori: “Rinominare prodotti che esistono da trent’anni significa disorientare i 20 milioni di italiani che li scelgono consapevolmente”, affermano rappresentanti del settore. Sottolineano inoltre come le attuali etichette offrano chiarezza e semplicità di scelta ai consumatori, una caratteristica che il nuovo divieto rischia di compromettere.
Le aziende si interrogano inoltre sulla scelta del contesto normativo per l’introduzione di tale emendamento. “Inserire questa limitazione in un Ddl dedicato al cibo sintetico non ha senso per i nostri prodotti”, puntualizzano. I prodotti plant based, presenti sul mercato da oltre trent’anni, sono infatti derivati da materie prime agricole tradizionali come verdure, cereali e legumi, e non hanno alcun legame con il cibo sintetico o coltivato in laboratorio.
In conclusione, l’appello del settore è chiaro: mantenere le denominazioni attuali per i prodotti a base vegetale, in linea con la familiarità acquisita dai consumatori nel tempo. Questa soluzione, secondo le aziende, salvaguarderebbe sia la chiarezza per il consumatore sia la continuità di un settore in piena crescita.