Il governo inglese fa retromarcia: l’aumento dell’imposta sugli alcolici è stata rimandata ad agosto
In un’altra inversione di marcia, il Tesoro inglese dovrebbe mantenere ancora bloccati i dazi su birra, vino e liquori fino ad agosto 2023.
Un blocco dell’aumento dei dazi era stato originariamente proposto da Kwasi Kwarteng durante il suo breve soggiorno a 11 Downing, ma questo è stato poi annullato dal suo sostituto come cancelliere, Jeremy Hunt, in quello che è stato descritto da alcuni nel settore della distribuzione e vendita di alcolici come un “colpo devastante per le vendite”.
Le proposte di Hunt di aumentare i dazi, che sarebbero dovute entrare in vigore il 1° febbraio, avrebbero visto 7 pence aggiunti al prezzo della birra, 38 pence su una bottiglia di vino e più di £ 1,30 sugli alcolici all’inizio del 2023.
Tuttavia, in una dichiarazione rilasciata oggi da Hunt, ha affermato: “Posso informare la Camera che ho chiesto all’Ufficio per la responsabilità del bilancio di preparare una previsione per il 15 marzo 2023 per accompagnare un bilancio di primavera”. Questo pomeriggio è previsto un annuncio da parte del Tesoro in particolare sul mantenimento di un congelamento dei dazi per altri sei mesi rispetto a quanto originariamente previsto.
Michael Kill della Night Time Industries Association (NTIA) ha dichiarato: “Accogliamo con favore l’annuncio odierno che l’imposta sugli alcolici sarà congelata fino ad agosto dal Cancelliere, ma esortiamo il governo a riconoscere l’intera portata del problema e a prendere in considerazione un ulteriore sostegno nel prossimi mesi per la sopravvivenza di molte aziende. Il congelamento dell’imposta sugli alcolici darà alle imprese un po’ di respiro, ma non riparerà il danno già fatto né risolverà le sfide immediate affrontate dal settore dopo tre anni di interruzione”.
La decisione segna l’ultimo sviluppo in quelli che sono stati alcuni mesi tumultuosi, per non dire penosi, sia per Westminster che per la questione dell’imposta sugli alcolici.
Almeno per ora le cantine e i produttori italiani possono tirare un respiro di sollievo, ma non c’è da stare allegri. Il mercato britannico è uno dei più attivi e redditizi per le cantine italiane e se dovessero arrivare questi aumenti sconsiderati, anche i rapporti più duraturi tra produttori e distributori potrebbero saltare o creare tensioni. Certo nel mercato britannico non si improvvisano rapporti, quasi tutti sono consolidati e solidi, ma visto che distributori e venditori inglesi già sono vessati e tartassati da nuove e astruse richieste causate dalla brexit, non è scontato che il vino italiano rimanga una priorità nei listini dei grossisti.
Ma perché direte voi? Il vino italiano è un mito, non può essere sostituito! Certo, ma guarda caso, l’Inghilterra ha stipulato accordi commerciali che riducono drasticamente balzelli, documenti da presentare alla dogana e i dazi sui vini australiani a sfavore di quelli europei, spianando la strada agli Aussies, ma dopo tutto c’era da aspettarselo: sono quasi cugini.