50mila chilometri quadrati all’anno: la siccità avanza senza sosta

La siccità sta diventando una costante sempre più preoccupante, con eventi che si allungano, si intensificano e colpiscono aree sempre più vaste. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Science, condotto da un team internazionale guidato da Liangzhi Chen dell’Istituto svizzero WSL, con la partecipazione dell’italiana Francesca Pellicciotti, professoressa all’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Austria (ISTA).
Analizzando 40 anni di dati su oltre 13mila eventi siccitosi globali, lo studio offre un quadro allarmante: regioni come gli Stati Uniti occidentali, la Mongolia e l’Australia sud-orientale sono particolarmente colpite, ma gli effetti si stanno estendendo rapidamente.
La nuova realtà delle megasiccità
Secondo Pellicciotti, che coordina anche il progetto europeo MegaWat, le megasiccità potrebbero diventare la nuova normalità. “Gli attuali modelli di mitigazione considerano la siccità come eventi stagionali o annuali. Tuttavia, stiamo vedendo che possono protrarsi per decenni, con effetti devastanti sugli ecosistemi e sull’agricoltura”, spiega la ricercatrice.
Un esempio concreto è la siccità pluridecennale negli Stati Uniti occidentali, durata dal 2000 al 2018, o quella in corso in Cile, che da 15 anni ha quasi prosciugato le riserve idriche del Paese. Episodi di questo tipo non solo distruggono i raccolti, ma compromettono gravemente la biodiversità e impoveriscono le risorse idriche, con effetti potenzialmente irreversibili.
La mappa globale della siccità
I ricercatori hanno utilizzato una combinazione di dati satellitari, modelli di evaporazione e monitoraggi della vegetazione per analizzare in dettaglio gli eventi siccitosi su scala globale, con una risoluzione senza precedenti di 5 chilometri. I risultati mostrano che il territorio colpito da siccità è cresciuto di circa 50mila chilometri quadrati ogni anno dal 1980 al 2018, con impatti più devastanti nelle praterie temperate.
Al contrario, le foreste tropicali e quelle boreali sembrano mostrare una maggiore resistenza. Le prime, grazie alle riserve idriche disponibili, riescono a compensare parzialmente gli effetti della siccità. Le seconde, invece, sono meno influenzate dalla mancanza d’acqua, poiché la loro crescita è più legata alle temperature, che stanno aumentando con il cambiamento climatico.
Un appello ai decisori politici
Lo studio non è solo un’analisi del passato, ma un chiaro monito per il futuro. “Servono strategie di adattamento e mitigazione più ambiziose e realistiche”, afferma Pellicciotti. L’obiettivo è non solo affrontare le siccità attuali, ma anche prepararsi a un mondo in cui eventi di lunga durata saranno sempre più frequenti.
L’Europa, che attualmente appare meno colpita nei dati dello studio, potrebbe risultare più vulnerabile se si includessero le analisi degli ultimi anni, in cui episodi siccitosi hanno colpito duramente anche il continente.