Whiskey irlandese: che cos’è, dove nasce, come si produce
Il whiskey irlandese è il più morbido e vellutato di tutti i whiskey, grazie alla tripla distillazione con cui è prodotto, che riesce a rendere molto pulito il gusto di questo distillato. Quello irlandese è un distillato dove il sapore dei cereali è messo in primo piano, le spezie ci sono, ma non è mai l’affinamento a predominare, quanto la morbida e vellutata carezza dei fiori e delle erbe.
Ma non solo, anche a livello legislativo il whiskey irlandese è molto più permissivo, tanto che sigle come single malt o blended non sono classificazioni obbligatorie, ma opzionali. Se una distilleria vuole fare un prodotto di un certo tipo, chiamiamolo premium, lo fa e lo scrive in etichetta.
Classificazione del whiskey Irlandese
Le possibilità sono single malt, il classico whiskey fatto da una singola distilleria con orzo maltato.
Il Single pot still è sicuramente il più interessante, la versione irlandese dello Scotch single malt. In pratica si tratta di un single malt fatto sia con malto che con orzo non maltato, una pratica che aggiunge un tocco originale al prodotto finito. Questa tecnica aggiunge una certa piccantezza, un profilo più pungente e arzillo a quello che normalmente è un whiskey molto piacione.
Il single grain ovviamente è un distillato prodotto da un mash composto da un solo cereale, che può essere grano, mais o avena.
E poi finiamo con il blended Irish whiskey che è come dice il nome una miscela dei tipi precedenti.
Quello che è importante per la legge, chiamata The Irish Whiskey Act e promulgata nel 1980, è che nel mosto di cereali da distillare, nel mash, ci sia del malto. E che altresì il distillato finale venga affinato per tre anni in botti di legno e che questo distillato abbia una gradazione minima del 40%.
Poi che il mash sia 100% di malto come uno Scotch single malt o che sia una miscela con 51% di mais, rye, grano o avena non conta, non ci sono norme sulla quantità e sulle proporzioni dei cereali, ma il motivo è molto semplice.
Quello che interessa alle distillerie irlandesi è la piacevolezza, la finezza e la bevibilità, tutte caratteristiche che con tre distillazioni e un affinamento in legno lungo e ben studiato portano a risultati abbastanza buoni. Difficilmente troverete un whiskey irlandese cattivo o fatto male. La qualità media è encomiabile, ma tutto è lasciato alla discrezione delle distillerie, che in base alle loro esigenze o al mercato studiano blend, prodotti e soluzioni.
Se da un certo punto di vista ciò lascia molta libertà di azione alle distillerie, che in questo modo possono spaziare alla ricerca di distillati sempre nuovi, di contro il consumatore deve affidarsi solo a quello che dichiara l’etichetta.
Ma veniamo alle caratteristiche dell’Irish whiskey, cosa ha di così particolare? Innanzitutto il suo gusto è sempre vellutato, non ci sono whiskey aspri o ruggenti. Certo si sente il sale, la componente marina è presente, si sente il fieno dei pascoli, cornucopie di fiori.
Poi le spezie, il legno, i toni balsamici, la vaniglia le erbe delle colline. L’erica e il miele, i cereali. Assaggiare una carrellata di whiskey irlandesi è una bella esperienza, sentirete tutti i sapori di un paese verde e generoso, dove tutto è disegnato con delicatezza.
Ma sopratutto non troverete molti whiskey irlandesi con la torba. Non è nella cultura della loro produzione molto semplicemente, non è un fatto di reperibilità, poiché anche l’Irlanda è piena zeppa di torba, basta scavare…
Storia del whiskey irlandese
Tutti ormai concordano che la nascita della uisce beatha sia da attribuire ai contatti che i monaci ebbero con gli Arabi, inventori del primo alambicco. Anzi l’inventore è Geber, nell’ottavo secolo, questo è assodato. E poi il resto lo fecero i monaci benedettine, i salvatori delle cultura europea, quelli che hanno dissodato campi, creato grandi vini, tracciato i confini dei migliori cru francesi.
Ma i primi anche a fare esperimenti per distillare elisir curativi. E guarda caso San Colombano, il monaco che convertì i Celti di Irlanda era un benedettino. Per cui non possiamo parlare di un inventore singolo, è stato una lento processo. Se è per questo anche gli Egiziani distillavano profumi, raffreddando i vapori di cotture sul fuoco, ma fu la sete degli Irlandesi a trasformare questi esperimenti in aqua vitae, l’acqua della vita.
Nella storiografia irlandese si trova per la prima volta la parola aqua vite in un documento chiamato “Annals of Clonmacnoise” datato 1405. Dove tragicamente l’acqua di vita risulta fatale per il capo-villaggio, un tal Richard Magrannell Chieftain, che schiatta dopo aver tracannato un boccale di aqua vitae durante i festeggiamenti del Natale. Immaginate le barzellette su questa aqua vitae che diventa aqua mortis in un colpo solo…
In ogni caso non ha importanza la figura storica dell’inventore del whiskey irlandese, ma è importante capire il movimento e la filosofia produttiva dietro questo mondo. Mondo che ha rischiato di finire nell’oblio nel 1900, ma che oggi sta rinascendo, grazie a nuove distillerie e nuove energie messe in campo da un paese che solo ha la storia, ma anche la tradizione e le capacità per fare grandi distillati.
Per farla breve. Aeneas Coffey, passato alla storia come l’inventore dell’alambicco a colonna, è stato croce e delizia del whiskey irlandese. Produrre con questo alambicco continuo era più efficiente, veloce e pratico e potevi distillare qualsiasi cereale che tanto il risultato era pulito e molto alcolico, ma anche silente.
Alcol buono per ubriacarsi. Ma mentre gli Scozzesi hanno iniziato a produrre prodotti più abbordabili e facili e intriganti con blended e poi i single malt nel 1968, gli Irlandesi sono rimasti sul binario dell’alambicco continuo. Intanto però le distillerie scozzesi avevano conquistato il mondo ed erano delle potenze economiche, tanto che nel 1900 iniziarono a comprare le distillerie irlandesi per chiuderle e smantellarle.
E è stato solo per un soffio che non siano stato fagocitati degli Scozzesi, ma poi capirono che dovevano unirsi per combattere l’invasione e così nacquero due grandi protagonisti: la Old Bushmills e la distilleria Midleton. Solo nel 1987 fu aperta una nuova distilleria, dopo ben 100 anni di bonaccia: la distilleria Coole. Oggi se ne contano 25 e altre sono in procinto di aprire i battenti.
Come si fa il whiskey irlandese
La preparazione è molto simile allo Scotch single malt per cui se volete studiare nel dettaglio il processo produttivo, cliccate questo link e leggete con calma. Riassumendo molto velocemente: i cereali vengono macinati in farina sottile, si aggiungono acqua e lieviti e così questa mistura fermenta e diventa un specie di birra. Quando la fermentazione è completa, il liquido viene fatto fermentare tutto quanto e poi si passa alla distillazione. Il liquido viene riscaldato e in questo modo l’acool inizia ad evaporare prima dell’acqua e da questa si separa, salendo in una serpentina, dove viene raffreddato, condensa e ritorna allo stato liquido. E questa è la prima distillazione. Con la seconda si procede ad una selezione gustativa e aromatica, con il mastro distillatore che sceglie quando tagliare teste e code e così dare più o meno sapore, ma anche più o meno purezza. Trovare il giusto equilibrio è difficile, ma più si distilla e più l’alcol diventa puro, ma anche insapore e delicato. La particolarità, infatti, del whiskey irlandese è la terza distillazione, dove la concentrazione aumenta e ovviamente le quantità sono inferiori. Gli scarti vengono riciclati e aggiunti alla nuova birretta da distillare.
Il whiskey poi viene messo per tre anni in botte, si concentra, assorbe i sapori e i tannini del legno e intanto evapora a causa dell’ossigenazione in botte. Possono esserci ulteriori affinamenti in botti di Sherry ad esempio, ottime per dare morbidezza e profondità.
Il distillato viene poi corretto con acqua per bilanciare la gradazione e portarla al valore desiderato e in teoria il whiskey è pronto. Si può aggiungere caramello e150, ma è pratica che i prodotti di qualità solitamente non subiscono. E poi per finire è ammessa la filtrazione a freddo, anche in questo caso usata solo per prodotti meno pregiati, visto che molti la considerano invasiva e deleteria per la qualità del whiskey.
Forse non lo abbiamo detto, ma durante la distillazione è permesso l’uso di tutti i tipi di alambicco. Quello più artigianale pot still, ma anche quello continuo a colonna.