La cultura alimentare in Italia dopo un anno di COVID
È vero che questa pandemia di Covid 19 ha stravolto le nostre abitudini alimentari, ci ha rinchiuso in casa, imponendoci molte rinunce, ma il lato positivo è che gli Italiani si sono rimboccati le maniche e hanno messo le mani in pasta.
Certo i consumi di prodotti confezionati, di farina e mozzarella sono andati alle stelle, impauriti dal repentino attacco del virus, ci siamo rifugiati in casa con scorte infinite di comfort food, aperitivi, snack e patatine. La scena di una folla inferocita e schiumante che lottava per gli ultimi barattoli di nutella in un supermercato francese ha fatto il giro del mondo. Avevamo bisogno di una piccola gioia immediata, ma per fortuna questa piccola consolazione è stata subito sostituita da una spesa più razionale. Tanto si era capito che dovevamo stare in casa, quindi tanto valeva fare le cose per bene.
Ma cosa comprano gli italiani durante questa pandemia, quali sono le loro abitudini di spesa? Per avere una visione più chiara e precisa dell’argomento, abbiamo trovato un’ottima infografica su questo argomento, ricca di statistiche sull’alimentazione in periodo di Covid e piena di spunti interessanti.
In questo modo siamo riusciti a tirare fuori il meglio, ci siamo appassionati alla panificazione, alle dirette delle ricette grandi chef stellati, abbiamo fatto a gare per produrre le pizza con il cornicione più gonfio e abbiamo fatto 234 tipi di verdure fermentate in case e anche il lievito madre.
Certo, la grande distribuzione non ha mai visto un aumento tanto pingue dei propri profitti, quando non ci sono molti svaghi si pensa solo al cibo e sono stati bravi ad offrire subito un servizio di consegna a domicilio degli alimentari, quando prima era riservata quasi esclusivamente agli anziani. Non solo: il fatto di dover far quadrare i conti dell’economia domestica e la curiosità per prodotti sani, biologici e veri (soprattutto quando si parla di farine) ha spinto molti consumatori italiani a ricercare piccole aziende agricole che offrono prodotti di alta qualità. Ormai la pizza fatta con farina 00 non va più, solo macinata a pietra di gentil rosso o varietà hipster. Non parliamo dei lieviti fatti con starter di succo di fragola fermentata o di vino di pesche.
Tuttavia, se vogliamo cogliere un paradosso potremmo dire che abbiamo abbandonato la socialità fisica e reale, ma quella virtuale è esplosa e abbiamo imparato che cos’è veramente il lievito madre, come si fa. Oggi come non mai possiamo gustare i piatti dei migliori cuochi e pasticceri sottovuoto a casa nostra: prendiamo gli ingredienti già scelti e li prepariamo per dare vita a grandi piatti. Possiamo studiare insieme a professionisti della ristorazione e del mondo del vino percorsi enogastronomici tramite degustazioni virtuali, ma con il bicchiere in mano.
È vero, la nostra società è diventata più distaccata e socialmente neutra: non ci si tocca, non ci si avvicina, ma è aumentato il tempo trascorso a casa con i nostri figli e le famiglie. Ci si ingegna per far passare il tempo con laboratori di biscotti e torte, si fanno le marmellate in casa, c’è una sorta di rinascita artusiana della cucina e dell’alimentazione. Ma soprattutto c’è più consapevolezza e una sana ricerca in un campo finora mai esplorato: l’educazione alimentare.
Le vendite del lievito di birra sono esplose, mancava poco che un etto di lievito valesse come un bitcoin, ma è vero che gli italiani hanno riscoperto l’antica arte del riciclare e del non buttare via nulla. Non si spreca, ci si ingegna, si studia e si cercano nuove vie sulla strada del gusto.
Vero è che molti dopo il primo acquisto della classica piantina di menta per fare il Mojito, ci hanno preso gusto e hanno organizzato il proprio terrazzo come una serra, dando il via alla produzione di erbe aromatiche degne del miglior pollice verde.
Questo ha avuto ripercussioni epocali sulle nostre abitudini alimentari: non potendo uscire dal lavoro per fare la pausa pranzo o per andare a cena abbiamo detto addio ai ristoranti, alle trattorie e alle mense aziendali, ma il cibo da asporto è stato sdoganato, soprattutto grazie alle prelibatezze di molti chef, i quali sono sbizzarriti per offrire prodotti e menu incredibilmente sontuosi e creativi. Gli effetti economici di questi mancati introiti per un settore così importante come la ristorazione, e a cascata i relativi fornitori, che non sono solo contadini, ma anche lavanderie, rappresentanti di vino e venditori di posate e tovaglie, è ancora tutto da stimare avrà un impatto non indifferente sulla nostra società.
Lo stesso vale per il vino: le enoteche online hanno visto il proprio fatturato esplodere e non sono mancate le grandi acquisizioni da parte di giganti dell’industria come tannico e callmewine. E la cura del cliente, la scelta delle proprie bottiglie ha portato una ventata di freschezza e al momento possiamo ordinare e ricevere nel giro di pochi giorni bottiglie che provengono da ogni parte del mondo. Anche i grandi distributori hanno colto la palla al balzo per creare un proprio sito di vendita online. Ormai tutti vendono e, anche se in questo caso assistiamo alla scomparsa di figure importanti come i rappresentanti di vino (i quali molto spesso sono grandi degustatori e conoscitori della materia), il consumatore finale è sommerso di sconti e offerte speciali.
Un ultimo pensiero sul mondo della miscelazione e dei cocktail bar. Se è vero che ormai spopolano i cocktail già pronti e imbottigliati dai grandi maestri, risulta innegabile che questo comparto abbia subito un duro colpo. La caduta è stata fragorosa e non si vedono soluzioni facili, l’asporto è solo un palliativo e non permette di tirare avanti. Molti provano a fare video e sebbene siano interessanti e ben fatti, sono fruiti da persone che vogliono imparare a livello amatoriale, giacché, al momento, diventare bartender non è molto appetibile come opportunità di lavoro. Anche in questo caso gli Italiani si sono ingegnati, hanno studiato ricette e nuovi tomi sulla mixology e a produrre in casa cocktail e bevande.