Valdobbiadene Prosecco Superiore D.O.C.G. Borgoluce: un convenzionale sostenibile?
Il Valdobbiadene Prosecco Superiore D.O.C.G. della cantina Borgoluce è un vino che contraddice tutti i crismi del vino naturale, tanto che leggendo la descrizione di come è prodotto si hanno i brividi. Eppure, alla fine il risultato è un prosecco pulito, forse anonimo e non particolarmente vivace né caratteristico, tuttavia un bicchiere si beve, senza neanche accusare il colpo dei solfiti.
E allora la domanda è: può un vino altamente manipolato, studiato in ogni dettaglio, messo su un binario gustativo essere considerato buono?
Buono è una parola grossa, anche se è innegabile che il Valdobbiadene Prosecco Superiore D.O.C.G. della cantina Borgoluce sia un vino senza difetti e con una qualità discreta. Rispetto alle bottiglie dei grandi giganti del prosecco come Valdoca o altre industrie da bevande frizzanti da grande distribuzione è una spanna sopra. Acidità, profondità, aromaticità, frutto, tutto è scandito con precisione e una certa cura. Non chiedetegli di essere un vino immaginifico e vibrante, ma il suo sporco lavoro la fa senza problemi. Se poi considerate che è venduto ad un prezzo più che onesto, 11.50 euro è una bottiglia più che dignitosa.
Vediamo come è fatto questo prosecco. Vendemmia, spremitura soffice, fermentazione indotta con lieviti selezionati a temperatura controllata. Segue la rifermentazione a temperatura controllata, stabilizzazione a freddo a -1 °C, microfiltrazione e imbottigliamento. Più che convenzionale sembra un vino da Star Trek, vulcaniano nella logica e in ogni operazione sterile.
Il lato positivo è che la coltivazione è biologica, quindi almeno di pesticidi chimici non ne berrete. Ma il discorso è più ampio e nasce da una mia visita in terra trevigiana. Non sapendo dove dormire trovai un b&b. Con mia grande sorpresa scoprii che questo b&b era fattoria, cantina, birreria, caseificio e mulino: un’officina del gusto insomma. Il giorno seguente visitai la tenuta e rimasi stupito per la cura e le attenzioni riposte nell’allevamento degli animali allo stato brado e della produzione dei formaggi, delle ricotte e delle mozzarelle di bufala made in Susegana.
Nulla da dire, posto magnifico, grande cuore, accoglienza magnifica, colazione con prodotti naturali fatti a mano, corsi per scolaresche, il progetto è molto green e c’è un certo umanesimo di fondo. Ma il vino lascia molto a desiderare. Purtroppo per la parte vinicola si è scelto un approccio biologico sì, ma molto tecnologico, per non dire da interventismo esasperato, ma con quasi cento ettari vitati non si poteva fare un vino artigianale mi dissero. Stiamo parlando di una fattoria enorme che dà lavoro a centinaia di persone. Non sarebbe stato conveniente ed efficiente a livello economico. Almeno non spargono pesticidi e diserbanti a quantali e questo è un grande risultato per un’azienda così articolata.
E quindi come dovremmo giudicare questo prosecco? Una sufficienza la strappa, non è un vino malvagio a rigor di degustazione, i profumi sono delicati, rigidi sicuramente, ma la piacevolezza non si può negare. Ogni parametro è settato sulla mediocrità: nel senso che è tutto precisamente in mezzo. Non troppo verde, non troppo fruttato, non troppo entusiasmante, ma abbastanza roccioso, non troppo frizzante, ma di certo non evanescente. Va giù e ti lascia un bel ricordo, la bocca pulita. Va detto che non è una spremuta di solfiti come il Valdoca, ma non sono in competizione. Questo non è un vino industriale, ma di una cantina grande che ha scelto la tecnologia come strumento linguistico.
È tutto costruito, ogni mattone è stato adagiato dall’enologa, non c’è spazio per la materia prima che è stata plasmata fin nei minimi dettagli. Sono scelte, un’interpretazione, il mercato è libero e il prosecco vende a milioni sonanti di bottiglie alla volta e quindi diamoci dentro.
Stringi, stringi, quello a cui vogliamo arrivare è: può un prosecco convenzionale prodotto con metodi altamente tecnologici e invasivi essere considerato buono e sostenibile? Ah, ricordiamo che c’è tecnologia in questo vino, ma a parte i lieviti non si aggiungono albumina, caseina, sostanze chimiche, stabilizzatori o altre porcherie. Ok, i lieviti cambiano il vino, ma non sono la fine del mondo.
Il Valdobbiadene Prosecco Superiore D.O.C.G. della cantina Borgoluce è promosso. Non è un campione, non è un vino consigliato, ma si difende ed è sostenibile a livello di vigna. Almeno di danni non ne fanno, non inquinano le falde e producono con coscienza. Il risultato estetico non è esaltante, ma non ci sono difetti da segnalare.