Pinot Nero Franz Haas 2019: la recensione di un vino rosso elegante e pieno di carattere
Una delle sicurezze di tutta la mia carriera di assaggiatore e scrittore di vino è sempre stato il Pinot Nero di Franz Haas, fina da quando avevo 22 anni. Oggi ne ho 44.
Ogni anno arrivava a confortati, sempre preciso, sempre pulito ed elegante e stiamo parlando del prodotto base, non della riserva.
Purtroppo, con la scomparsa del mitico Franz Haas si è spenta una stella dell’enologia altoatesina, uno dei grandi innovatori che hanno dato il via alla rivoluzione copernicana del Pinot Noir italiano, riportandolo alla sua dimensione ideale, di vino di montagna.
Meno legno, meno muscoli, ma più finezza e cervello, più uva e montagna e meno tecnicismi. Questa è stata la sua grande lezione ed è a tutt’oggi il suo lascito. E così lo vogliamo ricordare. Perché Franz Haas ha sempre prodotto grandi vini, ma lo ha fatto senza seguire le mode, al massimo le creava lui come effetto collaterale e non si è mai lasciato irretire dal mercato.
Basta pensare ai tappi a corona: croce e delizia di molti produttori. La gente si scanna, ci sono guerre civili e faide dal sapore medievale su questo controverso. Molti ritengono che non siano idonei alla conservazione di grandi vini, soprattutto i rossi. Tollerano l’uso con i bianchi, ma mai si sognerebbero di tappare un Pinot Noir con un tappo a vite.
Franz Haas non si curava di queste sterili querelle e il tappo stelvin lo ha messo anche al suo gioiello di casa, il Pinot Schweizer, prodotto solo nelle annate migliori. Un vino corposo nato per evolvere ed invecchiare, non per essere bevuto dopo 4 anni. L’ultima annata in commercio è la 2018, se lo trovate lasciatelo 15 anni in cantina e avrete un tesoro.
Ma torniamo al Pinot Nero 2019, quello che volgarmente viene definito vino entry-level.
Come viene prodotto
I vigneti sono distribuiti nelle colline di Egna e Mazzon, la zona più vocata in Italia per questo nobile vitigno. Non a caso tutti i produttori più importanti, vedi (Carlotto, Gottardo, Brunnenhof) hanno sede e vigneti proprio qui. Le altitudini sono estreme: dai 300 ai 900 metri. Suoli dolomitici ricchi di calcare. L’escursione è naturalmente fondamentale per rinfrescare le uve e dare profumi e acidità ai grappoli, evitandone la cottura durante il giorno. Vinificazione in vasche acciaio aperte con follatore giornaliere. Affinamento in barrique usate e nuove.
Caratteristiche organolettiche
Il risultato di tutta questa attenzione è un vino didascalico che ricorda la montagna, il bosco e la terra. È sottile e delicato, profumato ed etereo, ma non si lascia mai ingabbiare in una stilizzazione pesante. Certo il legno ha plasmato la vivacità e la sapidità delle uve, ma lo ha fatto con mano gentile. Sospingendo e non forzando.
Il bouquet è limpido, declinato con grande eleganza e pulizia. Frutti di bosco, muschio, liquirizia e terra con humus e foglie secche. Note eteree che si aprono poco alla volta. Non segue necessità stilistiche, ma solo il varietale, esaltato da una speziatura leggera, giocata tra cannella e note più severe di rovere. Niente paura, il legno è un accenno e non copre.
Certo che stiamo parlando dell’annata 2019, questo vino è appena nato e i profumi terziari sono ancora coperti dalla prepotenza del frutto.
Al palato è sottile, terroso e ben definito dal fraseggio tra acidità e sapidità. Non è un vino strutturato e i tannini sono di grana fine, sottile, ma non emaciati. I sapori terrosi di rabarbaro e anice sono decisi, ma non tagliano il palato. Appena lo aprite è un vino un po’ chiuso, introspettivo, ma già aspettando qualche ora si apre, la rotondità aumenta, fa meno lo scorbutico e dalle fragole di bosco passa alla menta e a toni più balsamici.
Tra tutti i Pinot Noir italiani è uno dei più delicati e snelli, non aspettatevi potenza, ma lavoro di cesello.
Certo, non è vino da bere subito, sarebbe un peccato. Piacevole lo è già e anche equilibrato, ma il fascino che ha potenzialmente è ancora tutto da scoprire.
Prezzo
20-22 euro: un ottimo prezzo per un ottimo vino rosso.