Crete di Lamone Trebbiano DOC 2021: un vino industriale che scartavetra con grazia il palato
Vi siete mai spremuto un limone negli occhi? Se volete sapere che effetto fa, bevete il Crete di Lamone Trebbiano DOC e proverete lo stesso piacere. Stiamo parlando ovviamente di un altro grande fake food, un vino industriale orrendo e scellerato che ancora una volta porta disonore, dileggio e danno all’enologia romagnola. Il costo è ridicolo, 3,50 euro, e lo trovate nei supermercati tipo Pam o anche al Sigma.
Esiste un motivo per bere questa bevanda che vorrebbe avere un gusto simil vino, ma che alla fine è soltanto una sorta di scialba limonata al gusto di delusione e sconforto?
A meno che non siate dei bevitori accaniti che hanno bisogno di alcol a tutti i costi a basso costo, no, non esiste motivo. E se avete problemi con l’alcol cercate aiuto, ma non bevete queste brodaglie.
Caratteristiche organolettiche
Il bouquet è timido e ritroso, abbisogna di un’energica shakerata nel decanter di cristallo di Boemia del servizio buono. Delicate note floreali di giglio, mandarino del Mekong, pigna cotta al forno, marshmallow al cedro, resina di indifferenza e collirio alla camomilla si mescolano a detersivo pasta mani al profumo limone scontato dell’Angel Discount di via Selice. Le erbe aromatiche sono leggermente arrostite su fuoco di campo scout alimentato da rami di pino silvestre tagliati sotto la luna crescente a colpi di cornoletame serigrafato da Britney Spears.
Al palato è sottile e acuminato e berlo è come fare una scampagnata in un campo di fiori bianchi, con ripassata di cartavetrata sulla lingua e finale di limoncino rifermentato nello stomaco di pecora con grani di kefir.
Persistenza da cercare, nascosta, intransigente. Il ritmo è verticale, da 0 al nulla in 0,5 secondi. Grande ampiezza di monotonia gustativa e ritorni di pietra focaia bagnata su greto di fiume secco in Val Padana.
Nel complesso è un vino dionisiaco e ribelle, rifiuta il conformismo imperante che vuole il vino espansivo ed organoletticamente vivo per rifugiarsi in uno austero e sprezzante mutismo aromatico.
Respect.
A parte gli scherzi, diciamo basta a questi vini chimici prodotti in maniera sconcertante che non aggiungono nulla se non alcol a buon mercato e non fanno altro che rigettare la reputazione del vino romagnolo nelle fogne. Se non lo avete notato è un TREBBIANO DOC.
Ma come è possibile che questo vino rappresenti non l’eccellenza, certo, ma la normalità della categoria Trebbiano? È questo un vino rappresentativo?
Alla faccia delle commissioni di assaggio e dei nasi fini Voldemort style. Un altro punto per la Romagna da bere al Papeete.