Capannelle Solare 2014 Toscana IGT: la recensione
Il Capannelle Solare 2014 Toscana IGT è un buon vino rosso, un nettare docile che ha risposto con modestia ad un affinamento massiccio di 18 mesi in rovere francese, per trovare concentrazione e morbidezza melensa, muscoli e tanta polpa. Non è un vino da incorniciare e portare come esempio del terroir di Gaiole in Chianti, dove mineralità e finezza sono capisaldi e tratti da genoma vinoso, tuttavia ha il suo fascino. Al posto di eleganza e tratto sottile, troverete irruenza e gonfiore, un frutto che gronda di catrame e legno, marmellata e spezie.
Non siamo ai livelli di Caprai, ma poco ci manca, filosoficamente parlando.
Il problema con i vini della cantina Capannelle è che nascono come business puro destinato al mercato mondiale. I vini sono ammiccanti e muscolosi, come piacciono agli americani. La densità si taglia con una motosega, il frutto è maturo da far svenire, i toni sciroppati e vanigliati sono frustate che schiaffeggiano i ricettori olfattivi invadendoli con valanghe di prepotenza aromatica.
Non parliamo poi della fuffa marketing da casale-wine resort nel cuore del Chiantishire, della cantina che oscilla tra high tech e mattoni, delle collaborazioni con Pinchiorri e chef stellati che fanno a gara per bollire i fagiolini nelle cucine Capannelle. Decisamente tutto troppo mondano e ammiccante. Ma questa è solo una considerazione personale, un rigurgito di mondanità, se riescono a vendere il sogno del Chianti buon per loro.
Veniamo al vino, al vino della casa prodotto fin dal 1975. La sua qualità è indubbia. Il fascino e la grana sono palpabile, quello che infastidisce è la pesantezza del legno, la passività con cui il vino ha assorbito il legno, rovinando la spontaneità del vitigno.
Come viene prodotto
Vigne a Gaiole in chianti, circondate da ulivi, ginestre e tratti di bosco. Il colpo d’occhio è spettacolare. Vinificazione in tini di legno, poi affinamento per un anno e mezzo in barrique di rovere francese.
Caratteristiche organolettiche
Colore rubino. Naso conturbante, pieno di fiori e ricordi aromatici, frutto maturo, stracotto, essiccato e tritato. Pugni di prugna da prendere in faccia. Toni oscuri terrosi, frutti di bosco sciroppati e toni di eucalipto. Tratto verde domato, ma piacevole. Il problema è la cornice posticcia e polverosa data dalla barrique che fa contorno. Copre e pialla ogni velleità di slancio e di profondità, condendo con “profumi” di legno, vaniglia e tabacco. Peccato.
Al palato ha grinta e tannino vigoroso, ma domo. Buona acidità, spinta sapida, sviluppo e articolazione non mancano e si avverte una buona profondità data dal sapore complesso e terroso dei tannini, ben bilanciati dall’acidità.
Maturo è maturo, ma non è particolarmente grasso o goffo, a discapito di un naso che pareva spompato. Si presenta etereo e balsamico, evoluto, godurioso per la rotondità, ma non smette mai di mordere.
A tratti è un vino paradossale. Al naso ti repelle, soffre di pesantezza elefantiaca, ma in bocca è un’esplosione, un gioco di ombre e luce in continuo divenire. La struttura è massiccia, ma non massiva e la scorrevolezza del sorso è ottima, nonostante la trama tannica abbia una preponderanza non indifferente nel quadro gustativo.
Non è il solito Sangiovese nervoso e beffardo, ma neanche un tè nero piacione e ruffiano in stile Tignanello. Vale la pena di assaggiarlo in loco, solo per la bellezza della cantina e della sala da degustazione.
Prezzo
65 euro: se vi piace il genere potete fare anche l’aquisto. Dopo tutto è un vino dal potenziale di invecchiamento eccellente, potrete berlo anche tra 30 anni. Maturità tra 6-7 anni.