La Sicilia è una delle regioni vitivinicole italiane più ricche e varie con una selezione eccellenti di vitigni sia bianchi che rossi. Non mancano le produzioni di nicchia, eroiche quasi, come quelle che punteggiano le pendici del vulcano Etna dove il Nerello Mascalese domina e restituisce vini balsamici di incredibile finezza.
Ma ci sono anche vini intensi e sontuosi, storici come il Marsala, il vino liquoroso che ha conquistato il mondo con la sua particolare carica aromatica e profumi irresistibili.
I due fili rossi che percorrono tutta l’isola sono il mare, che imprime sapidità e spessore ai vini e una certa montuosità comune in molte parti della regione. Non stiamo parlando di cime esagerate, ma tutta la zona è collinare e battuta dai venti.
Ma per capire meglio la dislocazione dei vari vitigni nel loro habitat storico, vediamo di suddividere la regione in sotto-zone.
Il vino più caratteristico e nobile è il Marsala, nato dal metodo soleras, grazie all’intuizione del commerciante Woodhouse, che diede il via alla produzione dello Sherry siciliano quando spedì in Inghilterra delle botti di Marsala tagliate con dell’acquavite. Il vino è complesso, ossidato, aromatico, ricco di sentori caramellati, speziati e agrumi canditi. Più che un vino è una vera e propria opera d’arte. Lo troviamo nella costa occidentali, in provincia di Trapani. Molto interessanti anche i bianchi semplici prodotti sul litorale costiero: sapidi, praticamente salati che si mordono in bocca, ma dal grande potenziale, sia come eleganza che longevità. Catarratto, Grillo e Ansonica tra i vitigni più coltivati.
Se ci spostiamo più ad est e ci fermiamo poco sopra la città di Vittoria, troveremo una vino prezioso di grande eleganza: il Cerasuolo di Vittoria. Nasce dal blend di Frappato e Nero d’Avola e ha profumi inebrianti e balsamici, carattere, ma un corpo sinuoso, tannini morbidi e grande finezza. Tutto il contrario del cliché che vuole i vini muscolosi, fruttati e muscolosi.
Anzi sfatiamo subito questo mito, a parte le grandi produzioni di massa, il vini siciliano è stato trasformato da una riforma epocale, da vinoni alcolici e fruttati, si è passati a vini del territorio, sapidi, centrati, che mostrano segni di evidente balsamicità. Le rese sono basse, i ceppi fitti, la coltivazione più curata e si punta sulla qualità. Senz’ombra di dubbio il Cerasuolo di Vittoria è il vino più interessante che la terra di Sicilia abbia da offrire, con produzioni artigianali di grandissimo spessore.
Proseguendo verso la costa orientale troviamo il Moscato di Siracusa, che la leggenda vuole essere il famoso Pollio siracusano, vino mitico della Magna Grecia, ma non ci sono prove a confermare questa tesi. Sta di fatto che è un vino molto fresco, dolce come miele e di bella struttura per essere un Moscato.
Se continuiamo il nostro viaggio risalendo la costa orientale troviamo i vini del Vulcano Etna. Già questi da soli giustificherebbero una vacanza in Sicilia! Il Nerello Mascalese nasce qui e qui prospera, restituendo vini di seta, dal corpo agile e grande profondità.
Per i bianchi invece si usano di preferenza Catarratto e Carricante, che negli strati di lava e granito trovano una ricchezza minerale unica.
Vedere gli alberelli bassi che si inerpicano sulle pendici del vulcano fino ad una altitudine di 1300 metri è uno spettacolo unico. Unico come questi vini, che ormai hanno perso quell’aridità, quel calore cinereo che un tempo contraddistinguevano i vini nati in questa zona.
Se navighiamo a nord arriveremo alle Lipari, culla della Malvasia, un nettare di infinita dolcezza. Ma non è solo dolce e suadente, è ancora un volta il mare a rendere fresco e meritevole questo vino. Le uve vengono lasciate sulle piante fino a completa surmaturazione, vengono poi raccolte e fatte appassire sui graticci per altre due settimane. I grappoli in questo modo concentrano gli zuccheri e sono pronti per essere torchiati, il mosto che ne ricava viene fatto affinare in piccole botti, caratelli come quelli usati per il Vin Santo toscano. Il risultato è un vino splendido per dolcezza e aromaticità, ma anche per la vena minerale che sdrammatizza la dolcezza, aggiungendo un tocco salato unico. Se vino dolce in queste isolette da più di 2500 anni ci sarà un motivo.
Chiudiamo con un altro mito che viene prodotto sull’isola di Pantelleria, vero e proprio patrimonio dell’umanità. Lo zibibbo, o moscato di Pantelleria, chiamato così dalla parola araba zabīb, che significa uvetta. Sappiamo che gli arabi usavano questo vitigno per la produzione di uvetta, ma se ci fate un vino dolce è ancora meglio! I grappoli maturano fino a settembre, vengono poi raccolti e fatti essiccare per 20 giorni sui graticci. Si passa alla spremitura e il mosto riposa in botti piccole. Anche qui la concentrazione di zuccheri è strepitosa, pari solo all’intensità dei profumi eterei e caramellati che sa offrire questo nettare. Le coltivazione è ad alberello, le piante quasi strisciano per difendersi dal vento e crescono sull’ossidiana, sul granito nero da cui è formata questa isola immersa nel blu del mare. Anche questo vino era già rinomato ai tempi dei Greci e da allora poco è cambiato nella lavorazione, quando i presupposti sono eccellenti, non serve inventare nulla di nuovo.
Ma non pensate che il vino della Sicilia sia prigioniero della propria tradizione o della storia, ci sono molte cantine naturali, piccoli vignaioli che osano e producono vini macerati, vini di carattere che ricalcano il territorio. Ormai i tempi dei grandi feudi sono finiti, sì ci sono ancora produzioni di massa, ma il panorama è molto vario e il consumatore può scegliere tra molte proposte di ogni tipo.
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