È finito il boom dei vini di pregio? La crisi economica mette a rischio il mercato 2023
Il boom del fine wine è finito? Dobbiamo rassegnarci a bere Tavernello e buttare le nostre preziose bottiglie di Sassicaia comprate con tutte le sudate paghette della nostra vita? Ha ancora senso investire i propri risparmi in vini pregiati, pagare bollette di cantinette e costi di mantenimento passivi?
Ormai è ufficiale, il mercato del vino da investimento e collezione sta andando incontro a venti contrari, una bufera che creerà scompiglio nel 2023, o almeno questo è quello che ci dice un rapporto annuale di Liv-ex. LA crisi ci sarà: dopo anni di pacchia e guadagni facili, molte delle regioni più blasonate del buon vino vedranno una flessione.
Il rapporto, The Fine Wine Market in 2022, evidenzia alcuni segnali preoccupanti nell’andamento degli indici Liv-ex negli ultimi mesi dell’anno, sebbene i prezzi siano rimasti relativamente stabili, anche considerata la situazione avversa con un’inflazione fuori controllo e costi energetici schizzati alle stelle.
“In quanto risorsa in costante caldo di produzione e che porta gli investitori a comprare e conservare a lungo termine, il vino pregiato è un investimento intrinsecamente a bassa volatilità”, afferma il rapporto. “Ciò gli conferisce vantaggi rispetto agli asset tradizionali, specialmente in tempi economici turbolenti dove sono più frequenti investimenti mordi e fuggi o condizionati dal crescere dell’inflazione”.
Nonostante le prospettive preoccupanti per il 2023, finora gli indici Liv-ex hanno registrato performance relativamente buone nel 2022: tutti i principali indici sono in rialzo al momento in cui scriviamo, con gli indici Liv-ex Fine Wine 100 e Fine Wine 1000 che hanno entrambi raggiunto nuovi massimi, quest’ultimo guidato dalla poderosa spinta di Borgogna e Champagne.
Le ultime due regioni hanno continuato la loro crescita (la quota di Bordeaux è di nuovo in calo quest’anno, continuando il suo declino a lungo termine), con la quota di commercio della Borgogna salita dal 22% nel 2021 al 26,2% nel 2022, e la quota di Champagne dall’8,8% al 13,7%.
Ma anche qui ci sono segnali preoccupanti: l’indice Burgundy 150 è sceso dello 0,9% a novembre dopo alcuni mesi di fiacchezza, e lo Champagne 50 – che era stato il sottoindice Fine Wine 1000 con le migliori performance nei cinque mesi precedenti – è sceso del 2,5% a novembre, annullando due mesi di guadagni.
Tutti i segnali indicano che collezionisti e investitori sono sempre più cauti e cercano di restringe la propria attenzione a specifiche bottiglie, passando ad un selezione più ristretta e meno rischiosa. Si compra, cioè, quello che è considerato sicuro e non ci si avventura in investimenti ri ed è meno disposta a sposare il comportamento di spesa “al diavolo può interessare” del passato, sostiene il rapporto.
“Nessun mercato sale per sempre”, ha dichiarato Justin Gibbs, vice presidente e direttore degli scambi di Liv-ex. “Il mercato del vino pregiato è in rialzo dal 2015. Un numero crescente di indicatori indica una flessione a breve termine. Ma il mercato del vino non è mai stato a breve termine”.